Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

lunedì 25 febbraio 2013

Morale della favola

Luciano Granieri




Come sono andate le elezioni? Come dovevano andare. Un popolo in cui una larga parte di persone crede che qualcuno, dopo averli rapinati per andare a troie, possa restituirgli i soldi dell’Imu, un popolo formato da un numero così cospicuo di soggetti che crede che Ruby sia veramente la nipote  di Mubarak,  non ha difficoltà a rimanere avvinghiato a Berlusconi. L’ondivago e morbido atteggiamento riformista nel combattere la menzogna  della dittatura capitalista, la  scomparsa di  partiti che traevano linfa culturale dalle lotte operaie e studentesche,  oltre che dalla primavera no global, -formazioni  dissoltesi nel liquame del continuo rinnegare o giustificare un passato giudicato fuori dalla modernità che, ieri  li ha posti fuori dal Parlamento, e oggi ne determina  la morte sicura  -  ha indotto l’altro popolo, quello un po’ meno ignorante,  a scegliere Il Movimento 5 Stelle. Preso atto che la lotta di classe non è praticabile perché è sparita la classe, entità decimata dalle continue rese e concessioni al capitalismo finanziario , imposte da un  fantomatico senso di responsabilità governista  da sempre faro  del riformismo italiano e dei sindacati a lui collaterali, il ragionamento che può suggerire il risultato elettorale cammina su due binari. Il primo quello più immediato porta a prendere atto con consolatoria e moderata soddisfazione che una forza come il Movimento 5 Stelle ha i numeri e le potenzialità per far saltare il banco. Avere gente in Parlamento pronta a smascherare inciuci e inciucetti, come dice Grillo, orditi nelle varie commissioni parlamentari, non può che essere positivo. Ma ai grillini si deve chiedere di più. Si deve pretendere che osino,  forti del loro consenso elettorale. Osare significa, proporre da subito una moratoria sul pagamento degli interessi sul debito, un analisi della genesi del debito stesso  che conduca  a non liquidare quanto accumulato  dagli speculatori e i maneggioni della finanza, cambiare la legge elettorale e applicare da subito l’articolo 10 del dpr 361/1957, dichiarando Silvio Berlusconi “INELETTO”.  L’articolo appena citato è parte della legge sul conflitto di interessi approvata nel lontano 1957 e recita : «Non sono eleggibili […] coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, che importino l'obbligo di adempimenti specifici, l'osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse, alle quali la concessione o la autorizzazione è sottoposta». Silvio Berlusconi traendo profitti da società che usufruiscono di concessioni amministrative di notevole entità economica, non poteva essere eletto. Dunque è ora che la norma venga applicata e si ristabilisca la legalità del Parlamento estromettendone chi non ha il diritto di starci. Avranno i grillini il coraggio di imporre questi tre semplici atti programmatici?  E veniamo alla seconda parte del ragionamento che focalizza l’attenzione sul crollo e la scomparsa delle forze anticapitaliste dal panorama politico . Queste ultime elezioni dimostrano che non esiste oggi una forza capace di aggregare consenso attorno ad un programma anticapitalista serio . Il percorso è tutto da costruire e si basa sulla riconquista del blocco sociale di riferimento. Un operazione culturale    lunga che può iniziare solo tornando nei quartieri, nelle fabbriche, nelle scuole a parlare con la gente ad ascoltare a prendere atto dei problemi veri. Un processo al di fuori di qualsiasi dinamica elettoralistica  che deve coinvolgere movimenti collettivi attivi nel proporre e accettare soluzioni. Ricominciare d’accapo dunque liberandosi di quei pesi morti che oggi sono gli apparati vuoti di  partiti come Rifondazione, i Comunisti italiani, i Verdi, l’Italia  dei Valori . E’ ora che questi burocrati del 0,1% non solo a livello nazionale ma anche a livello locale, provinciale e di circoli cittadini, si tolgano di mezzo. La smettano di predicare bene, cavalcando ogni movimento che cerca di mobilitare pezzi di società contro la dittatura del capitalismo, e razzolare  male cercando alleanze che hanno il solo utopico scopo di elemosinare uno strapuntino in un consiglio provinciale o comunale o di quartiere svendendo gli interessi collettivi alle proprie mire di bottega. Non dispero che questo processo possa iniziare, ma bisogna crederci.

"Lo so mica, se c’è mai stato un partigiano che si sia scelto come nome di battaglia Ombra.
Sarebbe stato meravijoso, secondo me, come nome, Ombra: viene dal sanscrito abhra, nube gravida d’acqua, anche la controparte anglofona, shadow, che ha la stessa radice di shade, sfumatura, se ti metti a scarafujiare poi lo scopri che viene dal norreno sceadu, che significa oscurità, tenebra, ma anche riparo. Quando il cielo si fa gravido d’ombre, ottenebrato, minaccia pioggia – le nuvole che annunciano la tempesta son sempre nere, e strafottenti – la miglior cosa da fare è cercarsi un riparo, e in quel riparo organizzarsi, farsi comunione, affilare l’acume e le bajonette, resistere. Per reagire.
Perché il momento più bello, quando tutt’attorno è tenebra, lo sai, è quello in cui poi alla fine si diradano, le tenebre."

Fabrizio Gabrielli





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