Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 29 giugno 2013

F35, un rinvio sbagliato

Giulio Marcon. fonte http://www.sbilanciamoci.info/

Con 381 sì e 149 no, la Camera ha approvato la mozione di maggioranza sugli F35 che impegna il governo a non procedere a “nuove acquisizioni”. Il Parlamento tornerà ad esprimersi al termine di una indagine conoscitiva che durerà 6 mesi. Bocciata la mozione di Sel e M5S – primo firmatario Marcon – che chiedeva la cancellazione della partecipazione italiana al programma. Qui, il discorso di Giulio Marcon alla Camera nel dibattito del 26 giugno.

Gentile Presidente, signori del governo, colleghi deputati, la mozione che vi proponiamo di votare oggi chiede al governo di interrompere un inutile e costoso sistema d'arma – la costruzione di 90 cacciabombardieri F35 – che non serve al paese. Voglio ringraziare i tanti deputati di SEL, di M5S e anche diversi deputati del PD e di Scelta Civica che hanno scelto di sostenere questa mozione. Vorrei ringraziare anche i senatori di SEL, di M5S e i 18 senatori del PD guidati dal Sen. Casson che hanno presentato al Senato una mozione analoga alla nostra.
Voglio ricordare anche a qualche collega male informato che questa mozione è stata decisa prima dell'insediamento del governo Letta (addirittura la sua prima versione è del 18 marzo) e che non vogliamo mettere in difficoltà nessuno, ma solo dare risposta alla richiesta di stop agli F35 che ci viene oltre 80mila cittadini e da centinaia di associazioni e gruppi raccolti con laCampagna Taglia le Ali alle Armi nella Rete Disarmo, nella Tavola della Pace e nella campagna Sbilanciamoci.
Il programma F35 non serve alle persone che sono senza lavoro, ai lavoratori precari, alle famiglie impoverite, ai giovani.
E non serve nemmeno ad una politica estera di pace, come vuole l'articolo 11 della nostra Costituzione.
Spendere tanti miliardi di euro per dei cacciabombardieri che servono a fare la guerra, mentre invece non abbiamo i i soldi per bloccare l'aumento dell'Iva e sufficienti risorse per il lavoro, è uno schiaffo all'Italia, alle sue sofferenze.
Non è serio dire una cosa in campagna elettorale e poi una volta eletti, fare il contrario.
Lo dico con tutto rispetto.
In campagna elettorale il leader di “Italia, bene comune” Pierluigi Bersani ha detto che “le nostre priorità non sono i cacciabombardieri, ma il lavoro” e il suo concorrente alle primarie, Matteo Renzi, ha detto che non capisce perchè bisogna buttare via una dozzina di miliardi per gli F35”. Il portavoce di Scelta Civica, Andrea Olivero – a sostegno della campagna Taglia le ali alle armi – si è fatto fotografare sorridente esponendo un cartello “No F35” e persino il presidente del Pdl, Silvio Berlusconi ha affermato che “gli F35 servono all'Italia a fare aerei da turismo. Io sono sempre stato contrario agli F35 e anche alle portaerei”.
Tutto questo in campagna elettorale. La politica perde credibilità quando si dice una cosa per chiedere i voti e poi dopo tre mesi se ne fa un'altra.
Sono state dette tante bugie sugli F35. Si è detto che non possiamo uscire dal programma, perchè dovremmo pagare le penali. Falso, non dobbiamo pagare nessuna penale. Si è dettoche hanno un ritorno economico superiore all'investimento. Falso, il ritorno economico non supera il 20%. Si è detto che potrebbero creare più di 10mila posti di lavoro. Falso, daranno vita al massimo a 5-600 posti per lavoratori che già lavorano alla linea Eurofighter (tra parentesi: quante migliaia di posti di lavoro si potrebbero creare investendo 14 miliardi nelle piccole opere?). È stato detto che nessun paese è uscito dal programma. Falso, Canada, Olanda, Australia e Norvegia hanno rinviato, sospeso e poste dure condizioni al programma e nessuno si è stracciato le vesti. È stato detto che non abbiamo alternative. Falso, abbiamo già i Tornado, gli Harrier e gli Eurofighter, che possono essere adeguati alle nuove esigenze. È stato detto che gli F35 sono dei sistemi d'arma tecnologicamente sopraffini. Falso, basta un temporale per farli atterrare. È stato detto – come ha fatto il Presidente della Commissione Bilancio, On. Boccia – che quest'anno sugli F35 ci sono “0 di 0” euro. Falso, On. Boccia. Ci sono 500,4 milioni di euro. O lei non ha letto la nota aggiuntiva della Difesa o il governo l'ha informata male e l'ha sviata.
Vorrei poi dire in tutta amicizia e stima una cosa al capogruppo del Pd, Roberto Speranza. Nel suo discorso sulla fiducia al governo di larghe intese lei ha citato una frase di Don Lorenzo Milani: “È inutile avere le mani pulite per poi tenersele in tasca”. Io mi permetto di consigliarle di non scomodare in un modo un po' azzardato Don Milani per giustificare la scelta di stare al governo con Berlusconi, ma di ascoltare più saggiamente le parole di Don Milani contro gli armamenti, contro le spese militari, per il rispetto delle leggi della coscienza di fronte alle scelte ingiuste dello Stato. Di sicuro Don Milani non si sarebbe mai sporcato le mani per dei cacciabombardieri, avrebbe preferito tenersele – pulite, quelle mani – in tasca.
Io dico ai colleghi deputati: ascoltate la vostra coscienza, fidatevi di ciò che sentite giusto. In certi momenti, ricordava ancora Don Milani, bisogna obbedire solo alla propria coscienza. E la vostra coscienza – se la ascoltate sinceramente – non può dirvi che è giusto spendere 14 miliardi di euro per degli aerei da guerra mentre il paese è in ginocchio. La vostra coscienza non può dirvi che degli aerei capaci di sganciare degli ordigni nucleari sono “strumenti di pace”. La vostra coscienza non può dirvi che si tratta di una scelta necessaria, quando è necessario salvare milioni italiani dalla disoccupazione e dalla povertà.
Con molti di voi ci ritroveremo a marciare alle prossime marce per la pace da Perugia ad Assisi. Ma cosa direte agli operatori di pace, ai volontari, ai boy scout, ai tanti preti di strada – a don Luigi Ciotti, ai frati di Assisi – che marceranno insieme a voi e che vi chiederanno cosa avete fatto per porre fine all'avventura degli F35, come le ultime edizioni della marcia hanno chiesto? Potete forse pensare che saranno soddisfatti quando sentiranno che il parlamento ha deciso di fare un'indagine conoscitiva che non sospende il programma F35, ma solo gli acquisti per pochi mesi?
Proprio per questo la mozione del Pd – pur essendo una timida apertura e un mezzo passo in avanti e risultato della mobilitazione pacifista di questi mesi – è insufficiente. Dopo aver rinviato le decisioni prima sull'Imu e poi quelle sull'Iva, adesso rinviate anche la decisione sugli F35. Siete il governo del rinvio.
E mentre rinviate tra 6 mesi la decisione sugli F35 rivendicate l'importanza che il parlamento possa dare il suo giudizio in base al dispositivo dell'articolo 4 della legge 244. A parte che quel dispositivo non è in grado di bloccare i programmi pluriennali ma solo le decisioni dell'anno in corso, quello che non capiamo è perchè date tanta importanza a quello che il parlamento potrà decidere tra 6 mesi, quando noi oggi siamo qui riuniti e oggi possiamo prendere una decisione. Senza aspettare i risultati di un'indagine conoscitiva che sugli F35 – dopo 4 anni di audizioni parlamentari, di approfondimenti e dossier di ogni genere – non ci aggiungerà niente di nuovo.
Cari colleghi, non nascondiamoci dietro l'ipocrisia. Anche per gli F35 vale l'adagio evangelico: sia sì il sì; sia no il no. E a questo proposito vorrei ricordare che dire no agli F35 non è solo questione di buon senso di fronte alla crisi che stiamo attraversando, ma è anche un sì ad un sistema di difesa e sicurezza fondato sulla prevenzione e la cooperazione.
Ministro Mauro, lei accusa di demagogia chi ragionevolemente e con il buon senso dice che con i soldi di un solo F35 si possono fare 80 asili nido. Ma è invece proprio lei a fare della demagogia – pelosa e farisea – quando definisce gli F35 uno strumento di pace.
Gli F35, Ministro Mauro, non sono uno strumento di pace, ma uno strumento di guerra.
Cari colleghi, se ascoltate la voce della ragionevolezza politica e di un paese in ginocchio, ma anche la voce della coscienza e del vostro cuore non potete allora dire sì agli F35 buttando dalla finestra altri 14 miliardi di euro. Quei soldi usiamoli per il paese e i cittadini. Per questo vi invitiamo a votare la nostra mozione.

Barriere birilli e dossi artificiali a Frosinone, la loro vera utilità

Luciano Granieri

Foto di Fausta Dumano
 Da qualche giorno a questa parte  assistiamo al proliferare, nelle strade della nostra città,  di birilli, di piastre in gomma in prossimità degli attraversamenti pedonali. I soliti maligni, quelli che non perdono mai occasione di dare addosso al nuovo sindaco Ottaviani, sostengono che tutto questo dispiegamento di barrire e intoppi plastificati e gommati , non è  altro che l’ennesimo sperpero di denaro pubblico. Le strade della città non saranno certo  più sicure con questi artifici, ma anzi creeranno maggiori problemi al traffico e alle sospensioni delle autovetture. Come al solito questi disfattisti non hanno capito nulla. Il sindaco Ottaviani ha intuito  la vera natura del cittadino Frusinate. Noi abitanti di Frosinone  amiamo il rischio, non ci piace il solito e noiosi tran tran del traffico quotidiano, amiamo le emozioni forti. Ci deliziamo nell' andare veloci sia  SULL'ASCENSORE INCLINATO che con la macchina e con la moto. A dire il vero questa indole alla spericolatezza e questa voglia di velocità era stata intercettata da alcuni funzionari in carica nella precedente consiliatura . Il  comandante dei vigili Del Vino ed il delegato della sicurezza  all’epoca del sindaco Marini  Lacava, capirono che il frusinate  è tendenzialmente portato beccarsi multe a profusione, e dunque si attivarono per costituire una società che aveva lo scopo di incassare gli introiti delle multe, e farci sopra qualche impiccetto.  Per questo motivo,  oltre che per la storia degli appalti sula fornitura delle video camere di sorveglianza, i due furono arrestati assieme ad altri loro compari nel dicembre del 2011.  Ma anche l’ ex sindaco Michele Marini  capì che una fonte di denaro  importante,  per rianimare le esangui casse comunali, poteva arrivare  dalle multe contratte a bizzeffe dagli spericolati cittadini. Verso la fine del 2011  comparvero sulle strade di Frosinone degli strani autovelox, alcuni finti che sembravano veri, ed altri veri che sembravano finti. L’ex primo cittadino era talmente convinto che gli automobilisti di Frosinone non avrebbero fatto mancare il loro apporto in denaro grazie alla loro tendenza a beccarsi multe, che inserì nel bilancio previsionale del 2011, la voce attiva  di un milione e cinquecentomila euro proveniente dalle infrazioni che sicuramente sarebbero state rilevate . Cioè era talmente sicuro, il vecchio sindaco,  che gli automobilisti frusinati avrebbero contratto multe, che né quantificò preventivamente l’entità della entrata e la mise in bilancio.  Ciò la dice lunga di come la redazione dei bilanci della giunta precedente fosse veritiera  e realistica. Ma finalmente i cittadini hanno capito. Hanno eletto un sindaco che è profondo conoscitore della indole avventuriera del suo popolo. E infatti  i birilli,  le piastre sopraelevate in corrispondenza degli attraversamenti pedonali, servono a far divertire ancora di più gli automobilisti. Vuoi mettere l’emozione di saltare  a ruote sollevate sui dossi artificiale  per, o di divertirsi in una spericolata gimkana fra birilli e jersey, o ancora  di percorrere a palla le curve dell’alberata, delimitate da barriere e transenne!. Nei video che seguono mostriamo la viabilità di Frosinone ai tempi di Marini con gli automobilisti annoiati che svincolano svogliatamente fra le barriere delle rotatorie, e di seguito il nuovo modello di mobilità urbana con gli automobilisti che possono sbizzarrirsi con salti e derapate fra barriere dossi e birilli.


Il brano è: Freaky Dicky di Miles Davis, tratto dall'album "Decoy"...è vero non si sente la tromba, ma qui Miles suona le tastiere.


venerdì 28 giugno 2013

Il ventennio mono tono

Simonetta Zandiri


Uno zapping prima di andare a dormire, capito su LA7, ed ecco il solito processo mediatico a silvio-il-porco. Squallido, certo, come quest'ultimo ventennio nel quale gli unici picchi di indignazione a grande partecipazione con tanto di intellettuali e vip in "difesa della costituzione" (13febbraio, ricordate?) sono stati quelli nei dintorni di hARdCORE sventolando slip. Vent'anni di berlusconismo, vent'anni di anti-berlusconismo. Nel frattempo hanno smantellato gran parte dei nostri siti produttivi spostando i capitali all'estero dove la manodopera costa meno e ci sono mercati in crescita, tutti da saturare. Hanno reso precari quasi tutti i lavoratori, lasciando in cassa-integrazione i pochi assunti a tempo indeterminato. Hanno svenduto e privatizzato servizi primari come rifiuti, energia, sanità, istruzione. Hanno inquinato i territori condannando a morte decine di migliaia di persone ogni anno. Hanno continuato a sottrarci miliardi di euro con truffe più o meno piccole in opere non sempre grandi, in eventi, e persino nella gestione di emergenze come i terremoti. Hanno ceduto i nostri territori occupati da una militarizzazione by USA/NATO ormai fuori controllo, l'acquisto degli F35 non è che una parte dell'orrido ruolo che assumiamo dimenticando che, in realtà, ripudiamo la guerra.

Sarà che oggi è una serata no, ma inizio a pensare che non ci sia speranza per noi, nessuna speranza.

FROSINONE / No delle associazioni alla chiusura della saletta "Biondi"

Lo spazio per la cultura a Frosinone viene eroso ogni giorno di più.
Dopo la chiusura, pochi mesi dopo la sua apertura, dell'ex mattatoio (costato un sacco di soldi), la chiusura, per inagibilità, della sala conferenze della biblioteca "Norberto Turriziani" e la decisione, da parte del Comune, di chiedere somme esorbitanti per l'utilizzo degli spazi espositivi della Villa Comunale, sembrava che le sorti della cultura, nella nostra città, non potessero diventare più cupe.
Ed invece l'attuale giunta comunale ha dimostrato che al peggio non c'è mai fine, annunciando la morte anche della saletta "Biondi" (in corso della Repubblica, sotto i portici) dove, fino a qualche mese fa, pur con notevoli difficoltà logistiche (in primis l'umidità del locale), gli artisti, frusinati e non, anche poco abbienti, potevano esporre, con un modesto contributo al Comune, le loro opere.
Pur consapevoli delle difficoltà economiche del momento, non riusciamo ad accettare l'idea che l'Amministrazione comunale non sia in grado di mantenere questa, modesta per dimensioni, struttura, per come è nata e per dove è collocata naturalmente destinata ad ospitare mostre.
Chiediamo pertanto che il sindaco Ottaviani, dimostrando tutta la sua profonda sensibilità per la cultura e l'arte, rimetta immediatamente la saletta "Biondi" a disposizione degli artisti singoli e delle associazioni, con le stesse modalità finora seguite.

Centro Intervento Arte Pubblica e Popolare
Associazione didattica FORMING - onlus
ART QUBE performing arts
Associazione IL PONTE
Osservatorio PEPPINO IMPASTATO
Associazione SATURNIA TELLUS
Fondazione GIANLUIGI E STEFANO PROIA
Associazione culturale DOUBLEFACE

Noi come la Grecia

Guido Viale da: http://www.ilmanifesto.it/

Chi o che cosa ha autorizzato i nostri governi a giocare al casinò dei derivati con il denaro degli italiani? Quale regolamento interno, quale legge, quale norma della Costituzione? E perché non se ne può sapere quasi niente? Secondo quanto riferito da  la repubblica (e dal Financial Times) del 26 giugno, il Tesoro italiano è esposto per 160 miliardi di euro (più di un decimo del Pil italiano) con operazioni sui derivati la cui data di stipulazione non è nota. Il governo Monti ne ha rinegoziati nel corso dell'anno scorso per un importo di 31 miliardi, registrando su queste operazioni una perdita potenziale, non ancora giunta a scadenza, di circa 8 miliardi (poco meno dell'importo con cui la ministra Gelmini e, dopo di lei, il ministro Profumo sono riusciti a distruggere sia la scuola che le università italiane). Naturalmente il ministro del Tesoro ha subito smentito ogni rischio, ma quella smentita vale zero. Infatti solo un anno fa su un'altra partita di derivati del Tesoro si era già registrata una perdita di 3 miliardi, saldata dal governo Monti. Su di essa c'era stata una interrogazione parlamentare dell'Idv e una elusiva risposta - «si tratta di un caso unico e irripetibile» - del sottosegretario Rossi Doria; designato a rispondere non si sa perché, dato che si occupa di scuola e non di finanza, materia sui cui è lecito supporre una sua totale incompetenza. Ma se tanto dà tanto, sui 160 miliardi di derivati in essere, le perdite «a futura memoria», che verranno cioè caricate sul bilancio dello stato nel corso degli anni, per poi dire che gli italiani sono vissuti «al di sopra delle loro possibilità», potrebbero ammontare a molte decine di miliardi di lire.
Ma facciamo un passo indietro: da tre anni ci ripetono che la Grecia ha fatto il suo ingresso nell'euro truccando i conti perché, in base al suo indebitamento, non ne avrebbe avuto titolo; di qui i guai - e che guai! - in cui è incorsa successivamente. Successivamente. Perché all'epoca del suo ingresso nell'euro nessuno si era accorto di quei trucchi. Poi si è scoperto che a organizzarli era stata la banca Goldman Sachs, allora diretta, per tutto il settore europeo, da Mario Draghi, nel frattempo assurto alla carica di presidente della Bce, cioè dell'organo preposto a garantire la riscossione di quei debiti contratti in modo truffaldino. E di quei trucchi non si è più parlato. 
Ma lo stratagemma a cui il governo greco e Goldman Sachs erano ricorsi per truccare i conti era proprio quello di nascondere un indebitamento eccessivo (secondo i parametri di Maastricht) dietro a derivati da saldare in futuro. Nello stesso periodo - o poco prima, cioè con maggiore preveggenza - il governo italiano sembra essere ricorso esattamente allo stesso stratagemma: ufficialmente per coprire il debito italiano dai rischi del cambio (allora c'era ancora la lira) e dalle variazioni dei tassi di interesse: i derivati sono stati infatti introdotti nel mondo della finanza come forma di assicurazione contro la volatilità dei cosiddetti mercati; ma, come si vede, la funzione che svolgono è esattamente il contrario.
E' comunque del tutto evidente che lo scopo effettivo di quelle operazioni era quello di "truccare" i conti e garantire così anche all'Italia l'ingresso nell'euro. Qui la presenza ricorrente dello stesso personaggio è ancora più dirompente; perché nel periodo che intercorre tra la probabile - non se ne sa ancora molto - sottoscrizione di quei derivati e l'emersione dei primi debiti che essi comportano Mario Draghi è stato direttore generale del Tesoro (l'organismo contraente) dal 1991 al 2001; poi, utilizzando in modo spregiudicato il cosiddetto sistema delle "porte girevoli", responsabile per l'Europa di Goldman Sachs (una delle banche sicuramente coinvolta in queste operazioni), poi Governatore della Banca d'Italia e poi presidente della Bce e in questo ruolo uno degli attori più decisi a far pagare agli italiani - e agli altri infelici popoli vittime degli stessi raggiri - la colpa (in tedesco schuld, che, come ci ricordano i ben informati, vuol dire anche debito) di essere vissuti "al di sopra delle proprie possibilità". 
Non basta: ogni sei mesi, ci informa sempreRepubblica, il Tesoro è tenuto a trasmettere una relazione sullo stato delle finanze pubbliche, comprensivo anche dei dati sull'esposizione in derivati, alla Corte dei Conti. Ma in venti anni o quasi, questa si è accorta solo ora dei rischi connessi a queste operazioni e, per saperne di più, ha inviato la Guardia di Finanza nelle stanze del Tesoro; che però si sarebbe rifiutato di esibire la relativa documentazione. Ci ricorda qualcosa tutto ciò? Si ci ricorda da vicinissimo le recenti vicende del Monte dei Paschi di Siena i cui dirigenti - oggi in carcere o sotto inchiesta perché considerati dalle procure di Siena e Roma degli autentici delinquenti - sono riusciti a nascondere alla vigilanza della Banca d'Italia (che combinazione!) una esposizione debitoria incompatibile con il regolare funzionamento di una banca, nascondendola sotto degli onerosissimi derivati, che hanno tenuto rigorosamente nascosti per anni.
Il casinò dei derivati accomuna così le istituzioni di governo del paese alle banche truffaldine (per ora MPS; ma chissà quante altre si trovano nelle stesse condizioni, e non solo in Italia. Mario Draghi al vertice della Bce non ispira certo tranquillità). Per saperne di più, cioè per capire in che mani siamo finiti, in che mani ci hanno messo i governi che si sono succeduti negli ultimi 30 anni (da quando la teoria liberista e il pensiero unico la fanno da padroni e, in termini pratici, da quando è stato portato a termine il famigerato divorzio tra Tesoro e Banca centrale che ha messo le politiche dei governi in balia della finanza: leggi degli speculatori internazionali), basta leggere la sinossi di come funziona il casinò dei derivati che ne fa Luciano Gallino, nel post che segue ndr (Repubblica, 26 giugno).
«Nel mondo - spiega Gallino - circolano oltre 700 trilioni di dollari (in valore nominale) di derivati [cioè 700mila miliardi, oltre 10 volte il valore presunto del prodotto lordo mondiale, nota mia], di cui soltanto il 10 per cento, e forse meno, passa attraverso le borse. Il resto è scambiato tra privati, come si dice, "al banco", per cui nessun indice può rilevarne il valore». Ma aggiunge, anche di quel dieci per cento scambiato nelle borse, a definirne il valore concorre solo il 40 per cento [cioè il 4 per cento degli scambi complessivi, nota mia]. «Di quel 40 per cento, almeno quattro quinti hanno finalità puramente speculative a breve termine...Di tali transazione a breve, circa il 35-40 per cento nell'eurozone e il 75-80 per cento nel Regno Unito e in USA si svolgono mediante computer governati da algoritmi...che operano a una velocità anche di 22mila operazioni al secondo...Ne segue che chi parla di "giudizio dei mercati" [praticamente tutti gli esponenti del mondo politico, imprenditoriale, manageriale e accademico europei, nota mia] dovrebbe piuttosto parlare di "giudizio dei computer". «Macchine cieche e irresponsabili - aggiunge Gallino - opache agli stessi operatori e ancor più ai regolatori. E per di più, inefficienti». Ma molto efficienti però, aggiungo io, nel trasferire ricchezza dai redditi da lavoro e dalla spesa sociale ai profitti e alla rendita, compito che nel corso degli ultimi trent'anni hanno svolto egregiamente. E non senza che gli addetti alla "regolazione" dei mercati, siano essi manager o politici, o entrambe le cose grazie al sistema delle "porte girevoli", ci abbiano messo tutta la loro scienza e il loro potere per portare questo trasferimento fino alle estreme conseguenze, quelle che oggi possiamo vedere esposte in vetrina nella catastrofe della Grecia. Ma allora, perché continuare a rimaner sottomessi a un sistema simile? Non è ora di trovare la strada per tirarsene fuori al più presto?

La macchina cieca dei mercati finanziari

di Luciano Gallino, da Repubblica, 26 giugno 2013 -

Uscito di prigione dov’era finito per aver esagerato con i suoi traffici, il finanziere Gordon Gekko dice al pubblico stipato in sala che, guardando il mondo da dietro le sbarre, ha fatto delle profonde riflessioni. E le condensa in una domanda: «Stiamo diventando tutti pazzi?» La scena fa parte di un film su Wall Street, ma la stessa domanda uno poteva porsela giovedì 20 giugno mentre gli schermi tv e tutti i notiziari online sparavano ancora una volta notizie del tipo: “I mercati prendono male le dichiarazioni del governatore della Fed”; “crollo delle borse europee”; “bruciati centinaia di miliardi”; “preoccupati per il futuro, i mercati affondano le borse”. E, manco a dirlo, “risale lo spread”.
Esistono due ordini di motivi che giustificano il chiedersi se – cominciando dai media e dai politici – non stiamo sbagliando tutto preoccupandoci dinanzi a simili notizie di superficie in cambio di ciò che realmente significano. In primo luogo ci sono dei motivi, per così dire, tecnici. Nel mondo circolano oltre 700 trilioni di dollari (in valore nominale) di derivati, di cui soltanto il dieci per cento, e forse meno, passa attraverso le borse. Il resto è scambiato tra privati, come si dice “al banco”, per cui nessun indice può rilevarne il valore. Ma anche per i titoli quotati in borsa le cose non vanno meglio. Infatti si stima che le transazioni che vanno a comporre gli indici resi pubblici riguardino appena il 40 per cento dei titoli scambiati; gli altri si negoziano su piattaforme private (soprannominate dark pools, ossia “bacini opachi” o “stagni scuri”) cui hanno accesso soltanto grandi investitori. Di quel 40 per cento, almeno quattro quinti hanno finalità puramente speculative a breve termine – niente a che vedere con investimenti “pazienti” a lungo termine nell’economia reale.
Non basta. Di tali transazioni a breve, circa il 35-40 per cento nell’eurozona, e il 75-80 per cento nel Regno Unito e in Usa, si svolgono mediante computer governati da algoritmi che esplorano su quale piazza del mondo il tale titolo (o divisa, o tasso di interesse o altro) vale meno e su quale vale di più, per avviare istantaneamente una transazione. L’ultimo primato noto di velocità dei computer finanziari è di 22.000 (ventiduemila) operazioni al secondo, ma è probabile sia già stato battuto. Ne segue che chi parla di “giudizio dei mercati” dovrebbe piuttosto parlare di “giudizio dei computer”. Con il relativo corredo di ingorghi informatici, processi imprevisti di retroazione, episodi d’imitazione coatta, idonei a produrre in pochi minuti aumenti o cadute eccessive dei titoli, del tutto disconnessi da fattori reali.
In sostanza, i mercati finanziari presentati al pubblico come fossero divinità scese in terra, alla cui volontà e giudizio bisogna obbedire se no arrivano i guai, sono in realtà macchine cieche e irresponsabili, in gran parte opachi agli stessi operatori e ancor più ai regolatori. E, per di più, pateticamente inefficienti. Soltanto dal 2007 in poi la loro inefficienza è costata a Usa e Ue tra i 15 e i 30 trilioni di dollari. Emergono qui i motivi politici per guardare ai mercati in modo diverso da quello che ci chiedono. Cominciando, ad esempio, a rivolgere ai governanti e alle istituzioni Ue una domanda (un po’ diversa da quella di Gekko, ma nello stesso spirito): se in effetti sono i mercati ad essere dissennatamente indisciplinati, perché mai continuate a raccontarci che se noi cittadini non ci assoggettiamo a una severa disciplina in tema di pensioni, condizioni di lavoro, sanità, istruzione, i mercati ci puniranno?
In verità una domanda del genere governi e istituzioni Ue se la sono posta da tempo, pur senza smettere di bacchettarci perché saremmo noi gli indisciplinati. Fin dal 2007 la Ue aveva introdotto una prima Direttiva sui mercati degli strumenti finanziari (acronimo internazionale Mifid). Non è servita praticamente a nulla, meno che mai a temperare la crisi. Ma governi e istituzioni Ue non si sono arresi. Prendendosi non più di cinque o sei anni di tempo, intanto che i mercati finanziari contribuivano a devastare l’esistenza di milioni di persone, si sono messi alacremente al lavoro per elaborare una Mifid II. E poche settimane fa l’hanno sfornata – in ben tre versioni differenti. Esiste infatti una versione del Consiglio dell’Unione, una del Parlamento europeo e una della Commissione europea. Gli esperti assicurano che nel volgere di un anno avremo finalmente una versione definitiva, che emergerà dal “trialogo” fra le tre istituzioni. Quando entrerà pienamente in vigore, nel volgere di un biennio o due dopo l’approvazione come si usa, anche i mercati finanziari saranno finalmente assoggettati a una robusta disciplina, non soltanto i cittadini che han dovuto sopportare, a colpi di austerità, il costo delle loro sregolatezze. Saranno trascorsi non più di otto o dieci anni dall’inizio della crisi.
È tuttavia probabile che di una vera e propria azione disciplinare i mercati finanziari non ne subiranno molta, e di certo non tanto presto. In effetti, il meno che si possa dire della tripla Mifid è che le divergenze fra le tre versioni sono altrettanto numerose e consistenti delle convergenze, mentre in tutte quante sono pure numerose e vaste le lacune. Da un lato ci sono notevoli distanze nei modi proposti per regolare le piattaforme di scambio private (i dark pools), le transazioni computerizzate ad alta frequenza, l’accesso degli operatori alle stanze di compensazione. Dall’altro lato, non si prevede alcun dispositivo per regolare i mercati ombra; vietare la creazione e la diffusione di derivati pericolosi perché fanno salire i prezzi degli alimenti di base; limitare l’entità delle operazioni meramente speculative. Ovviamente, tra divergenze e assenze le potenti lobbies dell’industria finanziaria ci guazzano. Sono già riuscite a ritardare l’introduzione di qualsiasi riforma di una decina d’anni dopo gli esordi della crisi, una riforma che sia una di qualche incisività a riguardo sia dei mercati sia del sistema bancario; se insistono, magari riescono pure a raddoppiare questi tempi. I governi e le istituzioni Ue hanno dunque larghi spazi e tempi lunghi davanti, per insistere nel disciplinare i cittadini invece dei mercati finanziari.

giovedì 27 giugno 2013

Puozza ittà o'sanghe

Vittorio Lattanzi  http://lercio.altervista.org/



Apocalittica tragedia all’interno del duomo di Napoli:  l’ampolla contenente l’instabile reliquia del Patrono è andata completamente distrutta. Si è invece ripetuto puntuale il prodigio delle domestiche, ovvero la miracolosa capacità di rompere l’oggetto di casa col maggior valore affettivo o economico. E il fatto che l’ampolla col sangue di un Santo cristiano abbia funto da veicolo di tale prodigio rende il tutto ancor più sbalorditivo.
Rosaria Maria Muni, un’addetta della Ci.Ca.Pulizie Sacre, detentrice dell’appalto per la pulizia del duomo della città, voleva ravvivare l’argento della cornice dove sono fissate le 2 ampolle proprio dietro l’altare col tesoro di San Gennaro, ma ne ha inavvertitamente urtato la base, facendo precipitare la famosa reliquia del “Martire de oro”  e mandando in pezzi le due ampolle.
L’addetta, le cui dichiarazioni sono al vaglio degli inquirenti, aveva intuito che il prezioso contenuto, a contatto con l’aria, avrebbe sicuramente smarrito sia le proprietà mistiche sia quelle organolettiche, cosi’ ha cercato di rimediare alla meglio con un aspirabriciole per poi correre a chiamare aiuto. Peccato che durante la corsa il piccolo elettrodomestico, forse a causa delle forti sollecitazioni o forse perché ormai il santo era stato evocato ed era dunque iniziato il processo tissotropico, avesse inglobato il liquido mistico nel tessuto del filtro.
Mentre continuano a giungere messaggi di solidarietà dalle curie dell’intero globo, un’equipe di teoscienziati della Heinz che studia uno dei piu’ grandi misteri della storia moderna, cioè trovare un modo per recuperare le ultime due dita di ketchup dalle confezioni ‘squeezeable’, è al lavoro su un sistema di estrazione che permetta il recupero della reliquia, ma la soluzione sembra ancora lontana. Per ora, nelle prossime celebrazioni del santo, ai fedeli verrà ostentato l’aspirabriciole, che fortunatamente permette la stessa maneggevolezza nella gestualità ed un nuovissimo effetto sonoro.

Lo compro dopo..F35: Ma allora i soldi ci sono?

Rosetta Indignata Brescia



Sembra di essere al teatrino dell’assurdo. Tre anni di austerity, lotta furente sull’IVA, sull’IMU ed in generale già due governi che tagliano tutto il tagliabile e aumentano tutte le tasse possibili per rispettare il fiscal compact. Ma i soldi per gli f35, i caccia di produzione americana, quelli devono trovarsi per forza. Così almeno ci ha detto il ministro Mauro, titolare della Difesa. E con lui c’è il PDL e una larga fetta del PD. Ora questa ostinazione sembra davvero bizzarra. Vero, nel contratto per gli f35 c’è inclusa anche una bella fetta di soldi per Finmeccanica che sarebbe partner del progetto. Ma l’indotto generato per l’economia italiana sarebbe comunque notevolmente minore alla spesa totale. Non basta. Gli f35 sono delle carrette, il NYT ci ha fatto sopra inchieste su inchieste, hanno problemi strutturali giganteschi, rischiano di cadere in acqua dalle portaerei, non sono facilmente manovrabili. E c’è di più. Costano tantissimo, il prezzo è lievitato enormemente negli anni. E costeranno pure un sacco di soldi a mantenerli, tant’è che un sacco di paesi-acquirenti si sono tirati indietro (per ragguagli più precisi c’è un’ottima puntata di Presa Diretta sulla faccenda). Poi uno potrebbe domandarsi: ma a cosa ci servono? Per quali guerre dobbiamo prepararci? Non facciamo già parte di una alleanza pronta a difenderci?

Tutte queste considerazione dovrebbero portare ad una seria riflessione anche in tempi di grassa. Ma quel che è clamoroso è che siamo, appunto, in austerity. Non abbiamo soldi, o quasi. Siamo appena stati redarguiti dall’OCSE, perchè unico paese sviluppato ad aver diminuito la spesa in istruzione dal 1995. Abbiamo ferrovie locali fatiscenti, con costi incredibili per il sistema economico. Abbiamo un territorio malcurato, con frane e allagamenti che mettono in ginocchio l’economia e succhiano i soldi dell’erario. Abbiamo una tassazione sul lavoro altissima e il rischio di voler ancora deprimere i consumi con l’IVA nei prossimi mesi. Eppure, davanti a tutte queste urgenze troviamo comunque i soldi per fare una marchetta gli americani? Va bene che come ha detto Ferrara, siamo tutti puttane, ma farlo col culo degli altri non è davvero accettabile.

mercoledì 26 giugno 2013

Militari israeliani violentano bambini palestinesi

 Fonte: popoff.globalist.it  AutoreMassimo Lauria

La cosa era nota da tempo, ma adesso ad inchiodare pubblicamente lo Stato di Israele è un dossier dell’Onu. Sono bambini dai 9 ai 15 anni, con l’unica colpa di aver resistito all’artiglieria dei militari e poliziotti israeliani lanciando sassi contro i blindati dell’esercito. 7mila di loro, tra il 2002 e il 2013 sono stati torturati, subendo abusi sessuali, picchiati e minacciati di morte nelle democratiche galere israeliane. Ma Israele non vede e non sente. È questo l’agghiacciante bilancio pubblicato dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, che ha formalmente accusato il governo di Benjamin Netanyahu di ripetute violenze contro i piccolissimi prigionieri.
Quasi tutti loro sono stati arrestati durante incursioni notturne, venivano bendati e caricati sui mezzi dell’esercito. Il più delle volte, poi, trasferiti senza preavviso in altre carceri e senza comunicarlo alla famiglia, che perdeva le loro tracce. Veri e propri metodi da Cile di Pinochet, per esercitare sui giovanissimi violenze psicologiche, al fine di estorcere una confessione. malmenati in cella, violentati e spinti alla confessione con la minaccia di fare del male ai loro familiari. Spesso lasciati senza cibo, né acqua e senza la possibilità di andare in bagno. A confermare le accuse delle Nazioni unite, ci sono anche le confessioni di molti soldati israeliani, che hanno ammesso le violenze.
«Profonda preoccupazione circa i maltrattamenti e le torture ai bambini palestinesi arrestati, processati e detenuti da parte della polizia e dei militari israeliani», scrive il gruppo di lavoro dell’Onu, nel dossier pubblicato di recente. «Metodi – scrive ancora l’Onu – perpetrati dal momento stesso dell’arresto, passando per la fase del trasferimento e gli interrogatori. Lo scopo è quello di ottenere una confessione, anche in maniera del tutto arbitraria. Ad ammetterlo sono stati diversi soldati israeliani». Secondo le leggi di Israele, i minori palestinesi possono essere arrestati e condannati fino a 20 anni di reclusione, con l’accusa di aver lanciato sassi contro i blindati dei militari.

Festa della Trebbiatura

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL LAZIO – USP di FROSINONE

ISTITUTO D’ISTRUZIONE SUPERIORE “L. Angeloni”

Viale Roma, 69 –Tel. e fax  0775/210805

Codice Istituto FRIS00800X  -  Distretto N. 53


L’Istituto Agrario di Frosinone fa rivivere l’antica magia della trebbiatura tradizionale nell’aia.
Presso l’annessa Azienda Agraria di Via A. Fabi a Frosinone, il 29 e 30 giugno si terrà la simpatica manifestazione tra balli, canti e musiche popolari riproposte dagli studenti dell’Istituto, accompagnati dai piatti tipici della nostra tradizione contadina.
I cereali, mietuti secondo tradizione, raccolti in fascine (gregne)  accumulate nel tradizionale covone (riccella) nell’aia (ara) dell’Azienda della Scuola, saranno trebbiati con un vecchio modello di trebbia tradizionale “a fermo”.
Con questa iniziativa l’Istituto Agrario intende sottolineare l’importanza della conoscenza e valorizzazione delle radici culturali contadine, e nella tradizione un momento importante dell’anno era proprio quello della raccolta delle messi e, in particolare, della trebbiatura del grano; momento di festa e di appagamento di tante fatiche.
L’Istituto Agrario da anni cerca di conciliare tradizione e innovazione, passato e futuro, convinto che solo da solide e robuste radici possa svilupparsi un albero forte e vigoroso. Presso l’Azienda Agraria dell’Istituto si conducono ricerche su vecchie varietà di sementi da orto, vecchie cultivar di piante da frutta e viti da vino che determinavano la tipicità e unicità dei piatti tradizionali del nostro territorio.
Attività di assoluta eccellenza è rappresenta dall’allevamento di maiale nero casertano (razza Pelatella), diffuso nello nostre campagne fino agli anni ’60; la Scuola è accreditata come centro di tutela e riproduzione di questa interessantissima razza a rischio di estinzione.
In occasione della manifestazione sarà possibile visitare le strutture produttive dell’Azienda Agraria e acquistare i prodotti dell’orto s degli allevamenti.
L’avvio della festa si avrà sabato pomeriggio (ore 17.00) con l’accoglienza degli intervenuti da parte del Dirigente Scolastico Prof. Salvatore Cuccurullo, seguirà una serata di festa nell’aia con musiche di organetti e ballarelle tipiche. Il giorno successivo, in mattinata, si svolgerà la trebbiatura seguita da una tipica colazione contadina (minestra di pane con peperoni alla brace).

                       Prof. Lorenzo Rea
(Direttore azienda agraria)


lunedì 24 giugno 2013

La protesta ai tempi delle larghe intese

Luciano Granieri


Mentre  in Brasile e in Turchia s’infiamma la rivolta, in Italia la protesta ai tempi delle larghe intese si risolve nella gita a Roma “de li sindacati uniti”.  CGIL, CISL, UIL e UGL, nel nome della ritrovata armonia,  fra di loro e con i padroni,  decidono di festeggiare con una simpatica  e dissacrante rimpatriata a P.zza  San Giovanni.  Nell’accordo unitario di pacificazione è previsto  che l’organizzazione sindacale risultata minoritaria in una fabbrica non ha il diritto né di indire assemblee né tantomeno di organizzare scioperi. Se si perdono le elezioni fra gli operai si scompare.  Ma questa è una quisquilia, se confrontata con l’attendismo del governo Letta sui provvedimenti in favore del lavoro!  Lo stanziamento di un miliardo per finanziare la cassa integrazione in deroga, scoprono i nostri novelli paladini dei lavoratori,  è insufficiente.  Mamma mia come sono diventati schizzinosi Bonanni, Angeletti & c.!  Dopo aver firmato di tutto, dall’art. 8 della legge Sacconi sulla deroghe ai contratti nazionali, alla legge Fornero  con annessa alienazione dell’art.18, dopo aver fatto ingoiare la merda agli operai della Fiat adoperandosi affinchè trionfasse il  "SI" al piano  schiavista di Pomigliano imposto da Marchionne, la nuova ritrovata alleanza della triplice, diventata quadrupla inglobando il corporativismo fascista dell’UGL ,  si fa severa con il governo Letta. Così, tanto per ravvivare la gita nella capitale con slogan triti e ritriti. La sciagura della classe lavoratrice non è stata né Berlusconi, né la Fornero, ma questi sciamannati che pretendono di difendere i  lavoratori svendendone giorno dopo giorno  i diritti, soffocandone la forza d’urto con manifestazioni tipo scampagnate ai Castelli  simili a quella di sabato scorso. Non per scimmiottare Grillo ma se le organizzazioni sindacali sono quelle viste in piazza sabato scorso, allora è meglio che i lavoratori si organizzino da soli. 

La Madre sulla soglia. Storia da Khalil – Hebron

da una segnalazione di Isa Giudice

Le due giornate da Luisa (Morgantini ndr)  sono state molto intense, oltre i rappresentanti veneziani dell'associazione "restiamo uniti con Vik", c'era una coppia di ragazzi, lei Ilaria italiana, lui Iuri israeliano, lavorano nelle scuole romane, lei ha letto una testimonianza toccante,  La testimonianza l'ha chiamata "La madre sulla soglia", lavorano con i bambini, i ragazzi e gli insegnanti nelle scuole. Chissà se in questa arida Frosinone potrebbero trovare uno spazio per sensibilizzare e far conoscere la situazione palestinese. Un saluto Isa


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La Madre sulla soglia è una figura di donna avvolta in una jallabya con fantasie in bianco e nero che parte dal capo e arriva fino ai piedi.
Quando arrivo alle sue spalle, dalla discesa tra le pietre bianche e gli ulivi, la Madre è sulla soglia delle sua piccola casa con le mani tra le mani. Le passo vicino, mentre porto con me tutto il dolore della visita in questa città antica alla quale viene strappato il cuore. Porto nel mio corpo tutto il dolore della visita nella città che dovrebbe essere dell’amico di Dio, Ibrahim-Abramo-Avraham, e che è diventata il microcosmo dell’esercizio del potere dell’uomo sull’uomo nelle sue forme più crudeli e paradossali. Sento lo stomaco chiuso, il cuore stretto e pesante.
“As-salam alaykum” saluto la Madre sulla soglia con voce dolce che vorrebbe essere una carezza e un abbraccio. “Alaykum as-salam” la voce della Madre sulla soglia è triste. Il suo volto è intenso e bellissimo. “Kifik?” le chiedo come stai e, mentre lo dico, sento che è una domanda retorica, quasi fastidiosa, in quel luogo, in quel momento. La Madre sulla soglia si stringe nelle spalle, nei suoi occhi intensi c’è un’urgenza particolare. “Mio figlio era stato preso dai soldati, ma è tornato. Ma mio nipote non è tornato, lo hanno preso i soldati”. “Al’an?” “Sì, adesso”.
Lo sguardo della Madre sulla soglia reclama dall’orizzonte il ritorno del nipote. Questa figura statuaria, completamente coperta dal velo e dalla jallabya in bianco e nero, ha un’incredibile potenza plastica, emana un’energia e una forza inspiegabili.
“Puoi chiedere ai soldati dov’è?”. “Non lo so, ma posso chiedere ai miei amici cosa si può fare. Come si chiama?”. “Ibrahim Nahadu”. “Ibrahim Nahadu” ripeto, per essere sicura di aver capito bene. Ibrahim nell’Islam è detto khalil Allah, l’amico di Dio. Il piccolo amico di Dio preso dai soldati nella città dell’amico di Dio dove il divino e il senso di amicizia e alleanza sono sbriciolati, maciullati, calpestati, macinati.
“Thank you” la voce della Madre sulla soglia vacilla, il pianto le si è conficcato nella gola, i suoi lineamenti precisi e dolci a un tempo tremano scossi da un conato di disperazione. Non è la donna palestinese dei video che ho visto, che alza le mani tragiche sopra la sua testa, che urla in un pianto di rabbia e dolore. La Madre sulla soglia rimane nella sua figura compatta e intensa, nella sua jallabya in bianco e nero, con le mani nelle mani, in una dignità sovrumana in un momento disumano. Solo quando le prendo le mani tra le mie e l’abbraccio forte, la Madre, mia madre, mia sorella, si abbandona per pochi istanti a un pianto sommesso e si stringe a me, sua sorella, sua figlia, sua madre.
“Allah ma’aki, Dio sia con te”, è l’unica cosa che riesco a dirle quando le stringo le mani per l’ultima volta prima di lasciarla lì, sulla soglia della sua casa, da dove non si è mossa di un millimetro.
Mi volto, i miei piedi continuano a scendere per la strada di pietre bianche tra gli ulivi e il cimitero, e il mio corpo è scosso da singhiozzi che non riesco a fermare.
Arrivo sopra Shuhada street, la strada di un mercato fantasma dove le serrande sono chiuse e i coloni israeliani hanno scritto “gli arabi alle camere a gas”, dove si consuma la follia della separazione di uomini e donne da altri uomini e altre donne, come se fossero razze di bestiami diversi, da dividere con recinti e sbarre, da controllare da torrette curate architettonicamente, da impaurire e umiliare sfoggiando equipaggiamenti militari da videogame ultima versione.
E mentre saliamo sul minibus con Breaking the Silcnce e il guardiano dei coloni ci chiede i passaporti, ho negli occhi, nel cuore, nella mente, lo sguardo intenso della Madre sulla soglia che attende che l’orizzonte le restituisca la vista del ritorno del suo Ibrahim.



Foto: Hadeel Ramly
Brano  :"Ali Je Sultani" di Daniele Sepe Und Rote Jazz Fraktion
Editing: Luciano Granieri

domenica 23 giugno 2013

NO F-35: dillo ora a tutti i Deputati della Camera

Operazione Colomba


Lunedì 24 giugno la Camera dei Deputati inizia a discutere una mozione che chiede la cancellazione della partecipazione italiana al programma dei cacciabombardieri F-35 Joint Strike Fighter, firmata da 158 parlamentari di SEL, PD e M5S.

La campagna “Taglia le ali alle armi”, promossa dalla Campagna Sbilanciamoci!, la Rete Italiana per il Disarmo e la Tavola per la pace, ti invita a scendere in piazza per sostenere questa nuova iniziativa parlamentare e tutte quelle che si renderanno necessarie per bloccare una scelta sbagliata e dannosa.

I 14 miliardi di euro per comprare (e gli oltre 52 miliardi per l'intera vita del programma) un aereo con funzioni d’attacco, capace di trasportare ordigni nucleari, possono essere spesi meglio: per creare nuovi posti di lavoro, per finanziare la scuola pubblica, i servizi sanitari e sociali.

Chiediamo ai Deputati di votare la mozione che chiede al Governo di cancellare gli F35

L’appuntamento è a Roma in piazza Montecitorio ore 18-20

Per firmare l’appello lanciato dalla campagna:
Per saperne di più <http://www.disarmo.org/nof35/>
Per firmare l’appello
Per rilanciare l’appello

Per informazioni:
Campagna Sbilanciamoci! <http://www.sbilanciamoci.org>

Rete Italiana per il Disarmo <http://www.disarmo.org/nof35>
: 328 3399267 segreteria@disarmo.org

Tavola per la pace <http://www.perlapace.it/>

Regressione culturale di un sindaco

Luciano Granieri


Dopo l’affossamento di una qualsiasi ipotesi sulla presenza di un teatro a Frosinone, dopo il "cinemacidio" della rassegna  estiva “Cinema sotto le stelle”, con lo spostamento dell’Arena dal consueto, funzionale e suggestivo sito della Villa Comunale all’iper inquinato parcheggio della stazione ferroviaria, ecco l’ennesimo colpo del sindaco Ottaviani al panorama culturale frusinate: l’eliminazione della Saletta Biondi. La saletta era uno spazio espositivo comunale,  in Corso della Repubblica,  pieno centro storico, a disposizione, a titolo gratuito, degli artisti che avessero voluto  esporre le proprie opere.  Ora grazie al sindaco Ottaviani viene,mancare questa ulteriore opportunità di promozione artistica nella nostra città.  La realtà è che, a parte le folgorazioni sulla via di San Silverio e Sant’Ormisda in onore del quale diversi conservatori si contenderanno la palma di migliore scuola di musica in una serie di esibizioni che avranno luogo nel centro storico, a parte gli eventi a base di noccioline zucchero filato asfalto rosso e processioni, il nuovo sindaco sta smantellando quelli che erano  i siti stanziali per la diffusione della cultura a Frosinone. L’unico luogo a disposizione degli artisti che vogliono esporre le proprie opere è la Villa Comunale il cui affitto ha un costo spesso insostenibile.  La stessa Villa Comunale, con la perdita della rassegna cinematografica estiva,  si impoverisce anche come luogo di aggregazione e socializzazione. E’evidente che senza il cinema, il parco sarà chiuso  all’imbrunire togliendo ai cittadini la possibilità di passeggiare e scambiare quattro chiacchiere al fresco degli alberi sotto la luna e le stelle . Purtroppo  il processo di regressione culturale messo in atto da Nicola Ottaviani  sta colpendo anche l’eloquio del sindaco stesso, il quale ha preso a pronunciare discorsi dalla primitiva e approssimativa costruzione grammaticale. Un esempio è il video che segue nel  quale il sindaco illustra alle autorità locali come intende interessare il governo centrale sul problema del traffico ferroviario, il quale ha bisogno di essere velocizzato proprio per consentire ai pendolari di sgomberare il prima possibile il parcheggio che ogni sera  dovrà essere trasformato in arena cinematografica. 



Come è evidente, abbiamo scherzato.  La voce non è quella di Ottaviani ma di un doppiatore di eccezione.  Crediamo che il sindaco sarà molto onorato del servizio che gli abbiamo reso in questo filmato.  Infatti  la voce del doppiatore è di un suo sodale di partito, esimio e stimato senatore della Repubblica, Sen. Antono Razzi….oh ho detto Razzi Popolo della Libertà!!!!  mica cacchi. Uno che con  la cultura non ci mangia,no se la magna direttamente.

Entrevistas en Turquía (Taksim). 16 Junio 2013

Juan Robles Gonzalez