Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 29 agosto 2015

Unire le lotte contro disoccupazione ed emarginazione in Ciociaria

Luciano Granieri


Venerdì 28 agosto organi di informazioni  e istituzioni locali,  sono state invitate presso la tenda dei lavoratori della ex  Multiservizi per essere informati sulla situazione della loro estenuante lotta.  All’incontro era presente anche una delegazione del Comitato Vertenza Frusinate . Un movimento organizzato  da  lavoratori licenziati ex dipendenti di  alcune fabbriche della Provincia fra cui la Videocon, la, Marangoni, la Tekna. 

Si è naturalmente notata l’assenza di consiglieri e assessori comunali, ma credo che nessuno  si aspettasse una loro massiccia presenza.   Siamo alla fine di una calda estate e per  le maestranze  della ex Multiservizi, giunte ad oltre 500 giorni di presidio sotto la tenda montata davanti al Comune di Frosinone, le novità sono poche o nulle. Nonostante sentenze favorevoli ai dipendenti - inerenti ad   anomalie nei contratti stipulati dal Comune con le cooperative  di tipo B che si stanno occupando di quei servizi, una volta erogati dalla Multiservizi - nonostante la disponibilità di altri Enti, (Comune di Alatri, Regione, Provincia, una volta precisatene le competenze) a costituire una nuova società in grado di riassorbire i lavoratori in presidio sotto la tenda,  il sindaco di Frosinone Ottaviani, si rifiuta categoricamente di ottemperare ai suoi doveri di Capo dell’Ente consistenti  nell’assicurare la dignità di un lavoro a cittadini che prima la possedevano e che oggi, anche grazie a lui, l’hanno persa. 

Di queste problematiche si è discusso presso la tenda diventata ormai un'icona della lotta alla disoccupazione nella nostra Provincia. Non solo i lavoratori della ex Multiservizi  reclamano la dignità di un lavoro, ma altre  115.000 mila persone, nel terriorio, sono costrette a condurre una vita di umiliazione  perché disoccupate. Una piaga che riguarda tutte le categorie produttive, dall’industria, ai servizi, al terzo settore. Una piaga locale figlia  però di una dinamica globale e perdurante da diversi decenni. 

 La costante e devastante depredazione da parte del capitale finanziario dei redditi da lavoro, l’appropriazione indebita sempre maggiore delle risorse derivanti dai salari dirottate al profitto finanziario, stanno  creando miseria,  povertà e umiliazione presso la classe lavoratrice in tutta la Nazione. La  Provincia di Frosinone non fa eccezione, anzi è uno dei territori più flagellati. 

Anche qui, come nel resto d’Italia, è iniziato l’assalto  del capitale finanziario ai pubblici servizi. Non potendo dissanguare ulteriormente le attività tese a produrre merci, la voracità di lobby e multinazionali  sta puntando  alla messa a profitto dell’erogazione di servizi essenziali per la collettività. Acqua, sanità, trasporto pubblico, energia, sono il bottino da sottrarre al  pubblico controllo e far fruttare come galline dalle uova d’oro, producendo così il deterioramento dei servizi  e l’aumento smisurato di bollette e tariffe.  Quelle stesse bollette  incubo di chi, essendo disoccupato, non sa come pagare, e neanche può curarsi in caso di malattia. Corresponsabili della svendita dei servizi pubblici ai privati sono gli Enti, i sindaci, i Presidenti di Provncia e Regione. L’incondizionata resa   della maggioranza dei sindaci della Provincia, a cominciare da quello del Capoluogo, alle prepotenza di Acea,  all’imposizione di un atto aziendale  della Asl che favorisce l’espandersi della sanità privata, è una prova eclatante di quanto sostenuto.  

A queste problematiche complesse non possono rispondere solo i lavoratori della Multiservizi, pur  indomiti nella loro permanenza sotto la tenda. E’ necessaria una mobilitazione globale di tutti: disoccupati, precari, studenti e lavoratori. Ecco perché venerdì 28 era presente anche una delegazione  del Comitato per la Vertenza Frusinate.  Anche i membri  di questo comitato  hanno manifestato, occupato autostrade, sono saliti sui tetti per difendere il proprio posto di lavoro. Nonostante ciò, nonostante l’impegno preso dai diversi politici locali per la risoluzione positiva della loro lotta, la condizione di questi lavoratori è più o meno la stessa di quelli della Multiservizi. 

E’ quindi emerso chiaramente come la lotta per la difesa dei diritti, il lavoro innanzi tutto, deve essere il più possibile partecipata e condivisa. Gino Rossi del Comitato Vertenza Frusinate e Paolo Iafrate dei lavoratori della ex Multiservizi, hanno annunciato l’inizio di un percorso comune per tentare di scardinare il giogo della disoccupazione che attanaglia il nostro territorio.  L’unione di queste lotte è un fatto estremamente importante perché si proietta verso un fronte rivendicativo più ampio e in grado di aggregare altri movimenti, associazioni e cittadini .  Ulteriori  incontri sono stati pianificati  volto ad organizzare iniziative di lotta più incisive, a partire da una manifestazione contro i sindaci della Provincia i quali, oltre a regalare i servizi pubblici alle lobby private, non hanno mosso un dito in difesa del lavoratori licenziati, anzi, nel caso di Nicola Ottaviani la causa dei licenziamenti viene proprio dalla volontà del Primo Cittadino del Capoluogo. La speranza è quella di riuscire ad ottenere risultati tangibili grazie all'impegno congiunto di tutti i disoccupati della Provincia.   Di seguito il link all’appello del comitato vertenza frusinate.


Buona Scuola, Berlinguer: “Il governo Renzi ha copiato da me”

David Marceddu


L’ultima volta era il 1997 quando Luigi Berlinguer, allora ministro della Pubblica istruzione, sbarcava al Meeting di Comunione e Liberazione. Oggi, ai tempi della Buona scuola di Renzi, l’inventore della autonomia scolastica e del concetto di scuola paritaria, colui che sdoganò la possibilità che le scuole private ricevessero finanziamenti e agevolazioni, torna a Rimini. E lo fa più agguerrito che mai, difendendo a spada tratta le misure da lui adottate quando era a capo di Viale Trastevere: “Il dibattito scuole pubbliche/scuole private non mi interessa più perché a me interessa una scuola che è sempre pubblica, perché deve allevare creature. Questo stanco ritornello scuola pubblica o privata è vecchio come il cucco, non esiste più”. Musica per le orecchie degli epigoni di Don Luigi Giussani che quasi 20 anni fa – chi l’avrebbe detto? – videro una risposta positiva a molte delle loro sulle scuole private proprio da parte di un ex comunista con un cognome pesantissimo. “Le sue due leggi sulla autonomia e la parità rimangono il punto di riferimento sulla scuola insuperato”, gli riconosce Giorgio Vittadini, uno dei leader storici di Cl e anima del Meeting.
A dir la verità tra i ciellini l’ex ministro sembrerebbe ricevere più applausi che tra i suoi vecchi compagni di partito: “Io ho fatto feste dell’Unità tutta l’estate e ho riscosso molto successo anche lì”, ribatte però Berlinguer. Quando gli si fa notare che a partire dall’entrata in vigore le sue riforme la scuola italiana non ha avuto più pace e soprattutto il Paese ha preso la via di un declino economico che non sembra arrestarsi, lui non si scompone: “Sono sempre aperto alle critiche, ma oggi c’è qualcuno che le mie riforme le sta copiandoper inserirci elementi di rilancio, rimuovendo alcuni ostacoli che c’erano allora. Vuol dire che non era da buttare ciò che ho fatto”. Il riferimento a chi copia è ovviamente a Matteo Renzi, al ministro Stefania Giannini e alla loro riforma che Berlinguer sembra apprezzare. Poco importa che oggi come allora insegnanti e studenti siano scesi in piazza a protestare: “Non è apprezzata dai Cobas che rappresentano il 2% dei lavoratori italiani”. Nessun rimorso neppure per quello che riguarda i finanziamenti alle scuole private. “Noi non abbiamo stabilito finanziamenti, ma che l’articolo 33 della Costituzione vada rispettato: la Costituzione va applicata tutta”. Eppure quell’articolo dice che Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. “No – ribatte Berlinguer – dice che non si possono pretendere oneri per lo Stato ma se lo stato decide di prendere iniziative nessuno glielo può impedire e su questo si è pronunciata anche la Corte costituzionale”.

venerdì 28 agosto 2015

I MIGRANTI VITTIME DELLA BARBARIE IMPERIALISTA

Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia


Nel Mediterraneo e dentro i confini dei “democratici” Stati europei si sta consumando un’orribile ecatombe di migranti.
La responsabilità è sotto gli occhi di tutti. Sono i governi imperialisti che impedendo alle vittime delle politiche di saccheggio e di guerra, della destabilizzazione di interi paesi, degli interessi economici delle multinazionali, di entrare nel continente in modo sicuro, le consegnano  nelle mani dei criminali trafficanti di uomini, costringendole ai viaggi della morte, in cui in migliaia muoiono affogati o soffocati.
Nonostante le ipocrite parole, il governo Renzi non sta facendo nulla per fermare l’orribile strage.
Assieme agli altri governi dell’UE erige muri sempre più alti per impedire l’ingresso dei migranti, nega lo status di rifugiati politici, il permesso di soggiorno e i documenti di viaggio ai richiedenti, viola le norme del diritto internazionale del mare, impedisce la loro regolarizzazione come lavoratori per farli sfruttare a sangue da padroni disonesti. C’è persino chi parla della necessità di affondare i barconi con interventi militari.
Ecco il vero volto delle istituzioni imperialiste europee che dicono di fondarsi sui principi della democrazia, della libertà e del rispetto dei diritti umani!
Vi è un solo modo per impedire oggi questa strage: riconoscere il diritto dei migranti di giungere in modo sicuro e legale in quei paesi che hanno una responsabilità storica, politica e morale della disastrosa situazione in cui versano i popoli e le nazioni oppressi.
La borghesia e i suoi partiti corrotti aizzano le divisioni tra sfruttati e oppressi. E’ invece interesse della classe operaia e delle masse popolari appoggiare le rivendicazioni dei migranti, contro il comune nemico, l’imperialismo.  
Basta con la politica razzista, stragista e guerrafondaia dell’UE e della borghesia reazionaria!
Esigiamo una politica rispettosa dei diritti dei migranti!

Mobilitiamoci e manifestiamo uniti per farla finita con la barbarie imperialista e capitalista!

Storie da non dimenticare . L'eccidio di Vinca

Francesco Notarcola


 L'eccidio di Vinca avvenne tra il 24 e il 27 agosto 1944 nel piccolo borgo di Vinca e in altre frazioni in provincia di Massa Carrara ai piedi delle Alpi Apuane, i responsabili furono la 16a SS Panzergrenadier-Division "Reichsführer SS" comandata dal maggiore Walter Reder e le Brigate Nere di Carrara messe a disposizione dallo zelante colonnello Giulio Lodovici....
Il 24 agosto 1944 oltre cinquanta automez...zi carichi di soldati tedeschi e militi fascisti salirono verso il paese di Vinca, toccando Equi Terme, Monzone e altre frazioni limitrofe. Un centinaio di brigate nere di Carrara guidarono le SS lungo i sentieri nei boschi circostanti per rastrellare la popolazione civile. Una volta bloccato l’accesso al villaggio, i Nazifascisti iniziarono a uccidere gli abitanti e a saccheggiare e bruciare le case.Il giorno seguente, molti degli abitanti che erano riusciti a rifugiarsi altrove tornarono in paese per seppellire i morti e salvare quanto potevano dalle case in fiamme però vennero colti di sorpresa dai Nazifascisti che avevano simulato una ritirata, il risultato fu un massacro peggiore del giorno precedente e l’estensione del rastrellamento a tutte le zone vicine.
LE VITTIME ACCERTATE FURONO 174 : 26 BAMBINI DAI 2 GIORNI AI 14 ANNI; 37 GIOVANI DAI 15 AI 30 ANNI; 57 DONNE E 54 UOMINI SOPRA I 30.
molti cadaveri vennero rinvenuti nudi, decapitati o impalati compreso un feto strappato dal ventre della madre uccisa. Vi è inoltre contezza del fatto che tutte le donne furono prima violentate.
Alcune testimonianze riportarono che gli aguzzini avevano un organetto che facevano suonare mentre uccidevano passando di casa in casa.
DICONO CHE IL TEMPO AFFIEVOLISCA OGNI DOLORE MA CERTE FERITE NON GUARISCONO MAI.

giovedì 27 agosto 2015

Il bianco e il nero

Luciano Granieri



Il bianco e il nero,  sono i colori con i quali si identificano  gli opposti. Stan Getz  sassofonista bianco di Filadelfia,  è  l’esatto opposto di John Coltrane sassofonista nero di Hamlet, North Carolina. Entrambi giganti del sassofono tenore (Coltrane si è distinto anche con il soprano), Getz era bianco   nel modo di suonare.  Nello stile di Coltrane, all’opposto, emergeva completamente il suo essere nero. 

Stan Getz era componente della famosa sezione di sassofoni   dell’orchestra di Woody Herman.  Four Brothers era il nome con sui si indicavano i quattro musicisti della front line,   oltre a Stan, nella seconda versione del gregge  (1948)  - cosi era anche chiamata la formazione  di Herman -    gli altri brothers erano Herbie Stewart al sax alto, Zoot Sims al sax tenore e Serge Shaloff al baritono.  Giova ricordare che siamo nell’America del dopo guerra, la rabbia dei neri era esplosa ancora più furente. 

Molti giovani di colore durante il conflitto avevano sostituito nelle fabbriche  automobilistiche e metallurgiche riconvertite, per la costruzione di macchine belliche, le maestranze bianche, impegnate in combattimento. Per  questo nei loro confronti la crudeltà del segregazionismo si  era mitigata . Finita la guerra, i neri erano di nuovo ritornati ai margini, discriminati come e più di prima. 

Jazzisticamente la rabbia si estrinsecò nel Be Bop di Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Thelonius  Monk. Una musica di rottura tesa a stravolgere l’impianto melodico e travolgere l’ascoltatore con veloci arpeggi e scale mozzafiato. L’improvvisazione la faceva da padrone.  La musica dell’orchestra di Woody Herman  fu l’emblema della riscossa artistica  dei bianchi,  la riarmonizzazione bianca   della musica e la sterilizzazione creativa  della  rabbia dei neri. Eravamo  in piena era maccartista, impazzava la fobia per i comunisti e per i “diversi” in genere, neri compresi.  Tutto doveva incanalarsi nell’alveo della normalizzazione borghese occidentale.  Così il jazz  tornò ad essere patrimonio delle grandi orchestre esecutrici  di  brani in cui la partitura era sovrana e poco o nulla si poteva concedere all’improvvisazione.  Guai  aggredire l’ascoltatore, ma circondarlo con un’atmosfera confortevole . 

Stan Getz  aveva questo stile. Sonorità pulite, arpeggi sofisticati ma tali da non stravolgere il pezzo che si stava eseguendo. Getz fu anche il protagonista del "latin  jazz"  (jazz e bossa nova insieme). Il disco inciso nel 1964 con Joao Gilberto e Anton Carlos Jobim, fu una pietra miliare di questo stile e di tutta la musica commerciale. Il brano "Garota de Ipanema"  (in inglese a Girl from Ipanema)  inserito nell’LP, è il pezzo più ascoltato nel mondo, secondo solo a Yesterday dei Beatles. 

John Coltrane, all’opposto di Getz, compie la sua maturazione artistica all’inizio degli anni ’60. Siamo nel pieno dei conflitti per il riconoscimento dei diritti civili per i neri e per le altre minoranze etniche. La lotta non violenta tesa alla  parità   fra neri e bianchi, portata avanti da Martin Luther King, viene soppiantata  dalle modalità più decise di Malcom X. Lo scopo non è conquistare gli stessi diritti dei bianchi,  ma il ribaltamento della secolare subordinazione dei neri a bianchi. La violenza è ammessa. “Sono favorevole alla violenza se ‘non violenza’ vuol dire continuare a rimandare la soluzione del problema dei neri americani  soltanto per evitare la violenza” dichiarò Malcom X .

 Il 21dicembre 1960, fu realizzato da Ornette Coleman  “Free Jazz” vero e proprio manifesto musicale di quel contesto conflittuale.   “New Thing”, o Black Music, venne classificata la nuova musica.  In “Free Jazz”  si ascolta  un doppio quartetto ( Don Cherry, tromba, Ornette Coleman sax alto, Charlie  Haden, contrabbasso  e  Bill Higgins batteria, da una lato -  Freddie Hubbard, tromba,  Eric Dolphy al clarino basso, Scott La Faro  contrabbasso,  Ed Blackwell alla batteria dall’altro). La musica che scaturisce  da quelle tracce  è basata sull’audacia più incontrollata.  Il rifiuto di ogni valore   prestabilito nel contesto sociale   si esplica con il rigetto totale  delle forme musicali consolidate. Si fa strame delle regole della melodia, dell’armonia,  è improvvisazione oltre ogni limite. 

  In questo fervore  si sviluppa il jazz di John Coltrane. In realtà il problema, comune a tutti i neri, di inserimento in una società   che rifiutava i diversi,  veniva risolto da Coltrane non sublimando la destrutturazione delle regole musicali, come rigetto delle convenzioni sociali, ma esprimendo un suo amore smodato per le religioni indiane. Il rifiuto del cristianesimo era un altro elemento distintivo dell’atteggiamento conflittuale dei neri. Non è un caso che il movimento capeggiato da Malcom X fosse denominato "Black Muslim". 

Il jazz di Coltrane comunque mantiene la stessa libertà espressiva dei suoi  colleghi politicamente più arrabbiati. L’adozione dell’improvvisazione modale e l’apprendimento di tecniche strumentali indiane, rende   la musica coltraniana estremamente libera e  originale.  

Stan Getz e John Coltrane, opposte testimonianze  di due diversi  momenti storici,  opposti nella concezione della musica.  Eppure nel 1960 i due opposti si trovano a suonare insieme in una serie di concerti organizzati in Germania. E’ un’occasione particolare e forse unica,  poter apprezzare il confronto fra due giganti così diversi del sassofono tenore. 

Di seguito propongo un  video tratto  da questa performance . "Hackensack"  è il brano che si ascolta. Un  pezzo spesso eseguito da Thelonios Monk.  A  mettere insieme queste due eccellenti personalità c’è un altro grande del Jazz, Oscar Peterson al pianoforte. Completano il quintetto Paul Chambers al contrabbasso e Jimmy Cobb alla batteria


Good Vibrations 

Perché i lavoratori della Frosinone Multiservizi sono al 509° giorno di presidio sotto il municipio di Frosinone?

Al Prefetto
Ai Consiglieri Comunali Comune di Frosinone, della Amministrazione Provinciale
Ai Parlamentari eletti nella provincia
Ai Consiglieri Regionali eletti nella provincia
Alle forze sociali
Agli organi di informazione
Alla cittadinanza

Perché i lavoratori della Frosinone Multiservizi sono al 509° giorno di presidio sotto il municipio di Frosinone?

Venerdì 28 alle ore 17 presso la tenda di p.zza VI dicembre si invitano le autorità, i consiglieri, le parti sociali, gli organi di informazione, la cittadinanza per affrontare le motivazioni che spingono i lavoratori alla continuazione della protesta dopo 500 giorni di presidio.
 Sicuramente il tentativo di ritrovare il proprio posto di lavoro è la spinta più forte che i lavoratori possano ritrovare dopo averlo incredibilmente perso. Un posto di lavoro stabile e dignitoso all’interno di una prospettiva certa di continuità.
 Sicuramente la dignità che è stata sottovalutata dalle improvvide, rapide, amministrativamente debordanti azioni della giunta frusinate che di fatto hanno estromesso i lavoratori dopo 17 anni di attività e hanno fatto di tutto per chiudere l’esperienza di una società pubblica nata con i soldi destinati ai lavoratori stessi appena 7 anni prima.
 Sicuramente la fiducia nella giustizia del lavoro che infatti il 12 giugno si è espressa inequivocabilmente , su un ampio numero di ricorrenti, dichiarando “l’avvenuta costituzione tra ciascuno dei ricorrenti e la convenuta di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal 26/4/2013 e va ordinato alla Cooperativa resistente di ricevere le prestazioni di lavoro dei ricorrenti. La convenuta va altresì condannata, a titolo risarcitorio, al pagamento in favore di ciascun attore di una somma equivalente a tutte le retribuzioni maturate” (SENTENZA nella causa di lavoro iscritta al Ruolo Generale Affari di Lavoro e Previdenza del Tribunale di Frosinone con il n.563/2014, promossa con ricorso depositato in data 8.3.2014).
 Sicuramente la convinzione che la scelta operata delle esternalizzazioni non avrebbe potuto mantenere l’efficienza dei servizi  o l’occupazione e il reddito dei lavoratori, ma che avrebbe aperto la strada all’operare delle coop sociali di tipo B, così come descritto nel paradigma assurto agli onori della cronaca attraverso la furia di mafia-capitale : “Forse occorre una riflessione sulle agevolazioni di cui godono queste cooperative; sulle riserve di lavori che spettano loro; sulla simpatia che in generale le caratterizza, perché, come sempre, c’è una grandissima parte che è costituita da persone perbene e che svolgono lavori; e probabilmente anche sui controlli meno penetranti rispetto a quelli operati nei confronti degli ordinari operatori economici loro concorrenti.[…]” (Giuseppe Pignatone, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma.  XVII legislatura Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere Resoconto stenografico Seduta antimeridiana n. 100 di Mercoledì 1 luglio 2015).
 Sicuramente sono anche altre e tante, anche profondamente individuali,  quante i lavoratori che hanno deciso la protesta, le motivazioni per le quali c’è tanta ostinazione. Tanta quanta almeno quella della Giunta che continua verso una assordante indifferenza e umiliazione di chi comunque rimane  cittadino di questi territori.

Cordiali saluti

Frosinone 27 agosto ’15
I lavoratori della tenda

Netanyahu: non sei gradito a Firenze! Presidio venerdì 28 agosto.

http://bdsitalia.org/

A poco più di un anno dall’ultimo massacro israeliano a Gaza, quando le strade di Firenze si riempirono di manifestanti per chiedere la fine dell’aggressione sionista contro la popolazione della Striscia, quella stessa città che ha a cuore la pace, i diritti umani e il rispetto del Diritto Internazionale, dichiara ospite non gradito il criminale Netanyahu, che nell’estate del 2014 ordinò l’operazione “Margine Protettivo” contro Gaza, costata la vita a più di 2000 civili palestinesi e un numero incalcolabile di feriti.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu visiterà Firenze su invito del premier Renzi, che nel suo recente viaggio in Israele ha ribadito i legami eccellenti tra i due paese in materia di sicurezza e cooperazione scientifico-militare. Nel suo tentativo di revisionismo del conflitto israeliano- palestinese Renzi non ha mancato di sottolineare come Israele, nato nel 1948, rappresenti addirittura le nostre radici e il nostro futuro. La Firenze antifascista, antirazzista e antisionista ritiene di non aver niente in comune con chi ha fatto delle aggressioni militari, dell’apartheid, della pulizia etnica e dell’occupazione la cifra della propria azione politica.
Benjamin Netanyahu, a capo del governo più oltranzista nella storia di Israele, sostenuto dall’ultra destra e dal partito dei coloni ampiamente rappresentato nel suo esecutivo, è fervido sostenitore della politica aggressiva degli insediamenti illegali in Cisgiordania che rubano terra e risorse ai palestinesi, contravvenendo al Diritto Internazionale e a qualsiasi possibilità di un futuro stato unico, multietnico e democratico. Entrambi i governi Netanyahu, responsabili di aver promosso l’odio razziale e messo in atto una lunga serie di norme contro l'eguaglianza tra ebrei e non ebrei, che hanno contribuito a determinare lo stato di apartheid in cui vivono oggi i palestinesi, hanno trascinato la società israeliana in un abisso razzista.
Renzi ha invitato questo criminale nella città del David di Michelangelo, simbolo di lotta per la libertà dichiarando:”In questo momento tutti siamo un David contro il Golia della barbarie”. Renzi e Netanyahu:  Il David di oggi è il ragazzo palestinese che rappresenta la resistenza palestinese e lancia pietre contro l’apparato distruttivo militare e contro la barbarie dello stato razzista di Israele!
Invitiamo la Firenze antifascista ed antirazzista ad esprimere il 28 agosto il suo dissenso alla visita di Netanyahu, ma anche per chiedere la fine dell’occupazione in Palestina e il rispetto da parte di Israele dei diritti del popolo palestinese, del Diritto Internazionale ed Umanitario.
Siamo sì antisionisti ma rigettiamo ogni possibile accusa di antisemitismo. Ribadiamo che anche i palestinesi sono semiti. Il sionismo non ha nulla a che vedere con la religione ebraica, ma cerca di sfruttare la memoria dell'olocausto per giustificare la propria esistenza e ogni barbarie che commette nei confronti del popolo palestinese
Renzi nel suo discorso servile alla Knesset ha garantito che "l'Italia sarà sempre in prima linea contro ogni forma di boicottaggio sterile e stupido". Noi rispondiamo:"sterile e stupido" non è il boicottaggio di Israele, ma non far rispettare il diritto internazionale!

martedì 25 agosto 2015

Com'è buona la buona scuola

Valeria Bruccola

Nelle ultime ore si susseguono “chiarimenti”, spiegazioni e rassicurazioni da parte dei rappresentanti del Governo e della maggioranza parlamentare sulla “bontà” della riforma scolastica varata nel mese di luglio.
Ovviamente la scena è dominata dalle questioni relative al piano assunzioni che è enfatizzato come fosse un fatto epocale, non la normale conseguenza della disponibilità di posti, nonché di una sentenza europea che ha condannato l'Italia dopo anni di reiterato sfruttamento.
La relativa riuscita della manovra che ha previsto la presentazione di una domanda straordinaria, dopo le prime reazioni dei precari in attesa di essere stabilizzati da anni, ha infatti galvanizzato il MIUR e i suoi sostenitori, che ogni giorno si prodigano per convincere il Paese di aver fatto tutto bene e presto. Ma a margine, invece, si scopre che non è poi così oro tutto ciò che luccica, perché le supplenze che il Governo prometteva di azzerare ci saranno, segno che la “supplentite” è un fatto virale sottovalutato, che ha infettato anche l'attuale Governo, e che per rispettare la promessa di assunzione è stato imposto un piano assunzionale straordinario mai prospettato in fase di approvazione della legge e che impone ai docenti di spostarsi per poter essere finalmente assunti a tempo indeterminato.
Ma non è solo questo ciò che colpisce maggiormente, quanto l'assoluta mancanza di cognizioni storiche, sociologiche, antropologiche di quanti, parlamentari o rappresentanti del Governo, non fanno altro che ricorrere alla retorica, quando non al qualunquismo, per supportare le scelte “politiche” operate nel settore scolastico.
In ordine di tempo, la prima tra le pesanti dichiarazioni degli ultimi giorni arriva dalla Sen. Puglisi, secondo cui assumere dalla seconda fascia d'istituto, quella degli abilitati non in Gae, sarebbe stata un'ingiustizia, nei confronti dei docenti, o degli aspiranti docenti."Se ci fossimo spostati sulla seconda avremmo commesso un'ingiustizia tra pari grado: i seconda fascia che avevano lavorato al Nord sarebbero entrati, quelli rimasti al Sud e con poco punteggio fuori. Inaccettabile e foriero di ricorsi di massa. Serviranno due anni per una Buona scuola a regime". Bene, cara Senatrice, intanto esplicitamente ha dato ragione a noi docenti delle graduatorie d'istituto, asserendo quanto andiamo ribadendo da mesi, ovvero che gli abilitati, sia delle GI che delle Gae sono di “pari grado”!  Inoltre, ottima l'idea di equilibrare il sistema di reclutamento,  “obbligando” chi è in Gae a fare ciò che non aveva voluto fare per scelta. Non è il caso di ritornare su un aspetto, quello del ricatto dietro al piano straordinario, sul quale diverse e legittime sono le varie posizioni, anche contrastanti. Ma vorrei ricordare alla Senatrice Puglisi che proprio quegli insegnati che già si erano fatti carico della scelta di trasferimento, pur in un regime lavorativo precario, oggi hanno ricevuto il benservito dallo Stato. Per oltre dieci anni i docenti assunti dalla Graduatorie d'istituto, dalla III fascia per la precisione, hanno garantito che il sistema scolastico nazionale ogni anno potesse funzionare, hanno pagato profumatamente i corsi abilitanti che non sono nemmeno serviti a migliorare la loro condizione lavorativa, hanno superato test, prove d'esame, esami di Stato e via dicendo, senza alcun riconoscimento, l'unica via che lo Stato stesso avrebbe potuto utilizzare per compensare anni di sfruttamento e di disagio.
E in sostegno della Senatrice, l'On. Sottosegretario Faraone, ricorda che "la mobilità deve essere considerata un fatto normale: lo dico per la scuola, ma in generale per il lavoro" come se l'italiano medio, costretto ad emigrare fin dall'Ottocento, non lo sapesse. Non solo mobilità interna, come in questo caso, ma esodo massiccio verso il mondo intero. Ma l'Italia ha operato una rimozione culturale verso tutti i fenomeni sociali e culturali che la riguardano, come l'emigrazione, rimozione che però, se assunta anche dai rappresentanti del Governo, in un momento storico come questo in cui i cittadini stanno riacquistando consapevolezza, appare offensiva e stridente, come le misure politiche scelte per il Paese.
Solo il Sottosegretario Faraone, infatti, nota “più l'entusiasmo di quanti saranno assunti rispetto alle polemiche di chi non vuole allontanarsi da casa”, tacendo, sminuendo, e falsificando tutte le voci che si sono levate in questi mesi, contrarie alla riforma, contrarie ai metodi, contrarie ai principi che soggiacciono alla legge 107/2015. Decisamente banale la sua ammissione sul fatto che “qualche disagio c'è o ci sarà. Stiamo cercando di alleviarli il più possibile" perché rivela che la dimensione sociale ed economica delle famiglie medie italiane è una questione che per il Governo è quasi marginale e trascurabile. Qualche disagio che non sarà contenuto, azzerato, ma “alleviato”. Sembra che al Governo non sappiano quanto si siano impoverite le famiglie italiane, quanto modificati siano i consumi alimentari, quanto stia proliferando il ricorso ad espedienti per sopravvivere, anche nella fascia sociale media quale è quella alla quale appartengono gli insegnanti,con un contratto fermo da anni, per i quali non è stata prospettata alcuna forma di miglioramento della retribuzione,  ai minimi europei a fronte di una responsabilità sociale e culturale. Inoltre, mi chiedo cosa al Governo sappiano del burnout che da anni serpeggia nelle scuole italiane, completamente ignorato, con effetti gravi sull'intero sistema.
Non è facile spendere una sola parola in favore delle scelte politiche operate da questo Governo ma ogni giorno sale una indignazione profonda verso quelle affermazioni che confermano la distanza della politica dalla vita sociale del Paese.

Non puoi odiare le radici senza odiare l’albero

Wu Ming, tratto dal libro "New Thing" Einaudi editore


Entra nel centro del suono spontaneo che vibra di sé stesso come nel suono continuo di una cascata oppure, mettendo le dita nelle orecchie, intendi il suono dei suoni e raggiungi Brahman, l’immensità.


 Vijnanabhairava Tantra, 38

GREEN MAN  Monk e Trane al Five Spot. Era il ’57. Le serate più belle della mia vita. Quell’anno tenevo il mondo appeso a un filo, come dice la canzone, e stavo seduto su un arcobaleno. Il mio lavoro mi piaceva, mi ero appena sposato, stavo già a Brooklyn ma di sera prendevo la metro per il Village o la Lower East Side. Cominciava il “disgelo”, dopo anni di musica liscia, liscia da sciacquarsi le palle. Io venivo dal Sud, cresciuto a cori di chiesa e Rhythm & Blues, mi piacevano quei sassofonisti vestiti di rosso che partivano con l’assolo, si chinavano all’indietro che quasi si sdraiavano e facevano muggire lo strumento, muuuuuuuu, lo facevano ragliare, braaaaaaa, anche tre o quattro battute di fila, un suono lungo e rauco e denso che lo sentivi nel basso ventre. Lo honking. Figurarsi se potevo digerirlo, il cool. Ancora ancora il “nonetto” di Miles, ma Lennie Tristano, la roba della West Coast, Chet Baker... Dave Brubeck! Roba da bianchi, non vedevo l'ora che finisse.

ROWDY-DOW Alla fine degli anni Cinquanta arrivò la new thing, che per noi fu la liberazione dei suoni. Lo chiamavano anche “free jazz”, titolo di quell’album di Ornette Coleman, ma le etichette eran roba da bianchi. Noi criticavamo pure la parola “jazz”, per noi era “la musica”, punto. Ornette arriva in città col suo sax di plastica, e di fianco a lui Don Cherry con quella tromba ridicola, una Conn del 1889 che pare finita sotto un treno, i tasti sempre sul punto di schizzare via.
Già da un po’ tipi come Cecil Taylor facevano casino, ma fu il quartetto di Ornette al Five Spot a sturarci le orecchie. Sembrava una rissa tra cani, anzi, gli istanti che precedono una rissa tra cani, li senti da dietro l’angolo e t’immagini la scena, i padroni che tirano i guinzagli e chiamano i cani, e questi due che azzannano l’aria, cercano di avventarsi l’uno sull’altro, strattonano, ringhiano, latrano, sbavano, e le voci dei padroni che ordinano di smetterla, fanno lavorare i bicipiti, parlano ai cani manco fossero cristiani ma in fondo non ci credono, recitano, la verità è che sono fieri della forza e dei coglioni delle loro bestie, ridono sotto i baffi…

GREEN MAN Dopo il cool vennero i nuovi boppers, quelli “duri”, e loro non avevano problemi, lo facevano lo honking, anche Trane, che il Rhythm & Blues l’aveva suonato. I muggiti di Trane spazzarono via il jazz fighetto della West Coast, gente come Stan Getz, Shorty Rogers... Per me quello è il suono della Creazione. E’ primordiale. Se Dio c’è, me lo figuro come uno honker vecchia maniera, tipo Bull Moose Jackson, Eddie Chamblee, Jim Conley, Wild Bill Moore... Ne sono certo, ha un completo bianco splendente e suona un sax tenore.

ROWDY-DOW Anzi, è probabile che lo facciano apposta, che passino vicino a un altro cane ogni volta che è possibile, per divertirsi. Ecco com'era la nuova musica all’inizio: il sax di Ornette e la tromba di Don Cherry erano i cani, loro tenevano la musica al guinzaglio ma lasciavano che i latrati la invadessero, la  trasformassero da cima a fondo. Se facevi attenzione, là dentro ci sentivi il bop, sentivi Bird e Diz, Monk e Miles, e più indietro sentivi Duke, e Satchmo e Jelly Roll con tutta Basin Street, e pure Buddy Bolden, che nessuno l’ha mai sentito suonare, e gli spirituals, il gospel delle chiese battiste, il blues del Delta, il patto col diavolo di Robert Johnson, gli schizzi di saliva dall'armonica di Sonny Boy... Ancora più indietro e ancora più dentro sentivi la schiavitù, qualcosa di interrotto, l’ultima rullata di tamburo prima che il tuo antenato fosse preso e caricato su una nave, sentivi i neri incazzati…

BLOOD WILL TELL Incazzati lo erano di sicuro: il palco del Five Spot era proprio di fronte al cesso, quasi sempre intasato. Difficile ignorare il tanfo di merda, man.



GREEN MAN Il ‘57, l’anno del “risveglio spirituale” di Trane. Miles lo caccia dal gruppo perché è fatto e imbambolato tutto il tempo. Trane decide di darsi una regolata: smette di bucarsi da un momento all'altro, si fa il “tacchino freddo” a Philadelphia chiuso a chiave in una stanza. Poi  trasferisce la famiglia a New York, incide con Monk e comincia a suonare con lui al Five Spot. Le prime sere fatica, è ancora messo male, ma pian piano migliora, migliora ancora e alla fine, cazzo... Alla fine è indescrivibile.
Monk era Michelangelo, scolpiva l’aria, toglieva tutto ciò che non somigliava alla musica che aveva in testa. Quegli accordi che non capivi cos'erano, le note che sembravano giocare a nascondino e sbucare da dietro il pianoforte per sorprendersi a vicenda, e Trane capiva, con gli assolo terminava le sculture, faceva spuntare un braccio, una gamba. Una specie di sonar, le note rimbalzavano su oggetti invisibili e ne rivelavano i contorni. La sera mi perdevo in quei miraggi, dormivo al massimo tre ore per notte ma stavo da dio, mi mettevo a lavorare e non perdevo un colpo, cazzo, il mondo appeso a un filo.
Facevo il giardiniere. Mi occupavo della manutenzione di parchi e giardini a Brooklyn, lavoravo anche al Green-Wood Cemetery. Mentre curavo le siepi del Prospect Park o potavo rami al camposanto,  canticchiavo Mysterioso, e tra le foglie i parocchetti monaci cantavano con me.

ROWDY-DOW Dentro la nostra musica c'erano troppe cose per un solo paio d’orecchie. Il mare che separa dall’Africa, conchiglia sull’orecchio e sentirla là in fondo, l’Africa, e i cats in the street diventano leoni, pantere, ghepardi che mangiano il jazz dei bianchi, carogna con la gola squarciata riversa nella savana. Cecil Taylor,  grosso macaco, pestava il pianoforte con le quattro mani. Albert Ayler, tromba d’aria che investiva un funerale di New Orleans. Quando ci si buttò Trane i cats lo seguirono e lui si spinse avanti, e spinse tutto più avanti.


LET'S-PLAY-A-GAME Ho cambiato nome tante volte. Sono stato "Africano" e "negro", che in spagnolo vuol dire "nero". Poi sono stato "di colore". Negli anni Venti sono tornato "negro" ma ci ho messo la maiuscola. "Negro". Però i bianchi non lo  pronunciavano "nee-grow" ma "nigrah", così somigliava troppo a "nigger" e dovevo aspettare la seconda sillaba per capire se mi stavano insultando. Del resto, "nigger" era una storpiatura di "negro". Come lo traducono "nigger" in italiano? "Negro". E "negro" come lo traducono? Lo vedi che è un gran casino? A metà degli anni Sessanta sono diventato "nero": "Say it loud, I'm black and I'm proud!" In spagnolo lo ero sempre stato, ma in inglese faceva la differenza. Accettare il nero della pelle e dei capelli, superare il complesso d'inferiorità: "Nero è bello". Delle volte, però, mi chiamavo "Afroamericano" o "Africano Americano". I bianchi non lo sapevano più, come dovevano chiamarmi. A parte "nigger", è chiaro. Neanche i fratelli, manco loro sapevano bene come chiamarsi: i vecchi erano "di colore", quelli di mezza età o del ceto medio erano "Negri", i più giovani e militanti erano "neri" o "Afromericani". Nel frattempo, però, tra di noi abbiamo continuato a chiamarci "nigger", anzi "nigga", ma non è come quando lo dice un bianco. O meglio, a volte sì e a volte no. E' un gran casino, uomo, te l'ho detto.
Oggi c'è chi mi chiama "Africano della diaspora", o "Africano" e basta. Dopo quattrocento anni, il cerchio si è chiuso.

GREEN MAN Trane suonava ogni nota di un blues come se Dio la portasse in palmo di mano, e pensa che i critici bianchi - e i critici erano tutti bianchi - lo definivano “anti-jazz”. Insieme a Miles s’era già lanciato nelle improvvisazioni modali, alla Kind of Blue, improvvisavano liberi dalle solite progressioni di accordi, liberi, poi Trane formò il quartetto “classico”: lui al sax, McCoy Tyner al piano, Jimmy Garrison al basso, Elvin Jones alla batteria. La più grande macchina da palco che ho mai visto in azione. Alla fine scavalcò le note, dal suo sax venivano fuori nitriti ululati squittìi muggiti barriti guaiti, Madre Natura si scrollava di dosso la musica dei bianchi con le loro carinerie di merda. La nostra musica era i versi dei babbuini e delle bertucce, era il gibbone che urla appeso al ramo. Il jazz libero.

LET'S-PLAY-A-GAME Il nero americano si vergognava dell'Africa. L'Africa era lo sfondo dei film di Tarzan, la terra dei "selvaggi". Tarzan si tuffava nel fiume e usciva che era ancora pettinato. La mia gente l’avevano strappata all'Africa con la forza, non la conosceva più, la odiava senza saperne niente. Come diceva Malcolm: "non puoi odiare le radici senza odiare l'albero". Ci volle qualche decennio per cambiare le cose. Marcus Garvey piantò il seme predicando il ritorno in Africa. Dagli anni Trenta sempre più neri si convertirono all'Islam, religione "più africana". Nel jazz entrarono sempre più richiami all'Africa, finché non si sviluppò il nazionalismo nero. Intanto l'immagine dell'Africa cambiava da così a così, una rivoluzione dietro l'altra, il gigante si risvegliava e si scrollava di dosso l'Europa. I capi dei nuovi stati africani: Jomo Kenyatta, Ahmed Sékou Touré, Kwame Nkrumah... L'Africa, terra di martiri come Lumumba, rivoluzionari come Mandela... I neri americani lessero I dannati della terra di Fanon. Diceva: solo la rivolta e la violenza guariscono l'anima del colonizzato, ed era della nostra anima che parlava.

La vedi la copertina di Life appesa dietro lo scrittoio? E' del '60. La foto fu scattata a Leopoldville, Congo Belga. Re Baldovino in solenne processione, vestito di immacolato bianco su una decapottabile nera. Uno studente africano si fa avanti e gli strappa di mano la spada cerimoniale. Se mai un'immagine ha avuto valore simbolico...  

continua.....



video scelti da Luciano Granieri

lunedì 24 agosto 2015

La vera sconfitta di Frosinone-Torino

Luciano Granieri


Il Torino in allenamento a Morolo
Nel  day after di  Frosinone-Torino, debutto dei Canarini in serie A,  vorremmo  proporre alcune riflessioni. Lasciamo alle centinaia di migliaia di commissari tecnici le analisi del campo che ha visto la squadra  gialloazzura sconfitta 1 a 2, e concentriamoci su altre sconfitte ben più gravi  subite dalla città . 

Facciamo un passo indietro, ai giorni successivi la gioiosa ebbrezza per la promozione. Da più parti si sosteneva che la disputa dalla massima serie da parte del Frosinone avrebbe avuto una ricaduta positiva anche sulle attività produttive ed economiche della città. L’arrivo  delle grandi squadre, per il prestigio e la mole di tifosi al seguito, avrebbe creato opportunità straordinarie a vantaggio  delle strutture ricettive e delle attività  commerciali. 

Durante tutta l’estate il tam tam  di tale auspicato eldorado ha risuonato per i quartieri cittadini, tanto da indurre il sindaco a ritagliarsi un  indebito ruolo da protagonista nell’evento “Frosinone in serie A”. Come? : Soldi pubblici,  originariamente stanziati  per opere di utilità collettiva , dirottati sulla ristrutturazione del Casaleno ( il cui progetto non sembra essere molto gradito al Presidente Stirpe), costruzione del campo di allenamento a Corso Lazio, sempre con denari della comunità, puntualmente disertato  dalla Società canarina, ma anche  precluso all’utilizzo dei ragazzi del quartiere  perché, ove mai i top players  di Stellone decidessero di effettuare qualche sgambatura,  l’erbetta deve rimanere intonsa,  massimo risalto al fatto che il sindaco si sia pagato l’abbonamento. Queste sono state le costose scempiaggini,   reali e mediatiche, spese dall’amministrazione per usurpare un ruolo da protagonista nel successo della squadra di calcio e nella  possibile crescita economica      che tale successo avrebbe potuto  stimolare. 

Ebbene la sconfitta più grave del week-end sportivo appena trascorso non è, come detto, quella venuta dal campo, ma l’evidenza che la città di Frosinone non è in grado di tradurre in sviluppo economico le gesta calcistiche. Il Torino, ad esempio,  si  è guardato bene dall’alloggiare in un albergo di Frosinone, ha preferito una struttura di Ferentino, la stessa struttura che probabilmente ospiterà la Roma, prossimo avversario casalingo dei Ciociari.  Il lavoro di rifinitura atletica dei ragazzi di Ventura si è svolto presso un centro sportivo  di  Morolo.  Ma il campo di Corso Lazio? Senza contare che il Frosinone già si allena a Ferentino. 

E’ di tutta evidenza che i 300 tifosi del Toro accorsi ad acclamare i propri beniamini, il panino,  la bibita, ma anche un pranzo,  li avranno consumati  a Ferentino o a Morolo non nel Capoluogo. E immaginiamo quanto potrà essere maggiore la ricaduta economica, sulla stessa Ferentino  in occasione del prossimo incontro casalingo  con la Roma.  Il numero di tifosi che giungeranno dalla Capitale sarà notevolmente superiori a i fan del Torino. 

Il fatto che la città di Frosinone non sia in grado di offrire ospitalità alle squadre ed ai tifosi che verranno a vedere le partite è una sconfitta inesorabile. E mentre la squadra  già domenica avrà la possibilità, almeno si spera, di rifarsi con l’Atalanta, la città non potrà mai ricucire lo scandaloso strappo di una ricettività da paesotto di quart’ordine.  

Qualcuno potrebbe obbiettare che non è colpa delle istituzioni cittadine se nessun imprenditore ha interesse ad investire in strutture alberghiere. Giusta osservazione, ma se la città non offre alcuna attrazione né turistica, né ricreativa sarà ben difficile che qualcuno investa capitali in strutture ricettive. Chi volete che venga a visitare Frosinone se le attrazioni sono limitate all’emblematico   Campanile, e  a qualche festicciola  provincial-popolare  tesa a scimmiottare ballando con le stelle?  

Ci sarebbe in realtà un grande patrimonio archeologico da poter sfruttare in termini di promozione  turistica, esisterebbe un museo, che però non può ospitare tutta la grande mole di reperti trovati nel sottosuolo perché strutturalmente non   adeguato.  E’ nota  la presenza di un esteso  impianto termale  di epoca imperiale,  nascosto da una colata di cemento ,  che grazie alle regalie del sindaco agli Unni muratori, verrà definitivamente “abbelato”, per usare un termine caro al primo cittadino, da altro cemento e forse dall’oblio. 

Un parco archeologico, considerata la  ricchezza e l’importanza dei reperti potrebbe, ad esempio, costituire una risorsa turistica di grande interesse  tale da richiamare visitatori, con il conseguente  sviluppo dell’imprenditoria  alberghiera.  E se un albergo è valido per i turisti, sarà altrettanto valido per le squadre di calcio di serie A. Tutto si tiene. Ma finchè la miopia e lo strapotere degli Unni muratori, non riserverà a Frosinone la speculazione fondiaria e finanziaria come unico veicolo di profitto, la squadra potrà anche vincere la Champions League, ma noi rimarremo sempre  invischiati nella melma della zona retrocessione di una qualsiasi lega dilettanti.

Una nuova devastante crisi del marcio sistema capitalista

Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia

Mentre il mondo non si è ancora ripreso dall’impatto del terremoto economico-finanziario scatenatosi nel 2007 negli USA, nelle viscere del sistema imperialista-capitalista si sono sviluppati gli elementi di una nuova devastante crisi.
Dal giugno scorso è iniziato il crollo del mercato azionario in Cina. Il governo revisionista cinese ha cercato di arginarlo con misure di salvataggio straordinarie. Ma Pechino, che ha liberalizzato gran parte dell’economia e della finanza (esiste un vasto sistema bancario parallelo), non può controllare tutti i fattori di anarchia nel mercato capitalistico e dunque non può evitare il tonfo, che avrà effetti profondi nel sistema creditizio e nel processo produttivo a livello mondiale. 
Nelle precedenti crisi cicliche post-belliche, il capitalismo ha dimostrato di riprendersi con le proprie forze nel giro di qualche anno. Dopo la grande crisi del 2007 vi è stata una certa ripresa, non ottenuta grazie alle forze interne del capitalismo, ma con la droga degli aiuti statali.
Nei principali paesi imperialisti l'apparato produttivo ha superato nel 2009 il punto più basso del ciclo, ma il parziale e diseguale miglioramento della situazione economica – ottenuto a spese degli operai e dei popoli oppressi - non si è trasformato in una fase di prosperità, che invece tende a sparire per il fatto che l’espansione della produzione capitalistica si trova ben presto a scontrarsi con i limiti del mercato. 
La debolezza della ripresa, che si è trascinata a lungo, il rallentamento economico registrato negli ultimi mesi, la disoccupazione di massa, mostrano un cronico problema di sovrapproduzione. Le barriere della produzione sono continuamente infrante dalla speculazione finanziaria per valorizzare i capitali, ma ciò sfocia inevitabilmente in nuove violente crisi.
La frenata dei “paesi emergenti”, che sono stati gli ammortizzatori della crisi negli anni scorsi, comporta gravi implicazioni per l’intera economia capitalistica: non potranno giocare lo stesso ruolo. 
In particolare, proprio la Cina, la “fabbrica mondiale” che negli anni passati è stata un fattore chiave per evitare la recessione globale, si sta trasformando nel suo contrario, divenendo il fattore di una nuova crisi che coinvolgerà anche il nostro paese.
La realtà odierna dimostra che il capitalismo ha parzialmente superato la crisi precedente preparando le condizioni di una nuova e più distruttiva tappa, caratterizzata anchedall'aggravamento dei rapporti fra le potenze imperialiste e dall’acuirsi degli scontri armati in varie aree del mondo.
Siamo alla vigilia di grandi eventi, in cui la lotta di classe sisvilupperà con nuove ondate rivoluzionarie. Per larottura dei rapporti di produzione capitalistici - unica soluzione possibile, necessaria e urgente dei problemi dell'umanità – questelotte rivoluzionarie richiedono la guida consapevole, teorica e politica, dei partiti comunisti.
Di qui la necessità, anche in Italia, della formazione del Partito comunista, composto dai migliori elementi del proletariato, strettamente collegato col movimento operaio e popolare e guidato da una coerente teoria rivoluzionaria.

Basta indugi e illusioni. Uniamoci, organizziamoci, lottiamo per il nuovo mondo socialista!

domenica 23 agosto 2015

Guerra contro la barbarie del Daesh

Pietro Milazzo Milazzo


Guerra contro la barbarie del Daesh e per la libertà del popolo curdo.

Come nella Spagna del 1936 si stanno ricostruendo le nuove
BRIGATE INTERNAZIONALI..

Il Swedish Security Service (Säpo) stima che circa 300 persone provenienti da Svezia hanno aderito alla guerra contro ISIS in Siria e in Iraq.

Notizie e articoli che appaiono in media svedesi nelle ultime settimane discutono circa le persone che si recano in Siria e Iraq per combattere contro il ISIS. 
Commentando la questione, i dirigenti PYD ha detto ai media svedesi che circa 500 cittadini europei sono attualmente in lotta nelle file del YPG contro ISIS.
I combattenti internazionalisti, compresi quelli svedesi, stanno combattendo in una truppa chiamato "Leoni di Rojava" nelle file del YPG, mentre molti europei originariamente curdi sono andati in Kurdistan meridionale per combattere nelle fila delle forze peshmerga.

Il rappresentante del Kurdistan dell'Amministrazione regionale in Svezia, Zaynar Kadir, dice che non incoraggiano la gente ad andare in Iraq a combattere contro ISIS, ma soprattutto, direttamente a fornire aiuti umanitari e sostegno.
Ahmad Mayi, il portavoce delle forze peshmerga in Kurdistan meridionale, che sono tornati in Iraq dopo lunghi anni in Svezia, conferma inoltre che molti europei stanno combattendo nelle fila delle forze peshmerga in Iraq.