Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 10 settembre 2016

RENZI CONTESTATO A BARI, RDC: "DOMANI ANCHE A CATANIA. SOLO L'INIZIO DELLA NOSTRA CAMPAGNA PER IL NO."

RETE DELLA CONOSCENZA

Renzi viene contestato a Bari alla fiera del Levante dalla Rete della Conoscenza, che lancia un weekend di contestazioni a Renzi che continuerà domani a Catania con un presidio degli studenti alle ore 12 a Piazza Stesicoro.
La campagna degli studenti, già impegnati nella costruzione dei comitati STUDENTI PER IL NO, vedrà il lancio del porta a porta e di iniziative di mobilitazione nelle prossime settimane, a partire dal 7 ottobre, prima data di mobilitazione studentesca autunnale.

"Lanciamo un weekend di contestazione a Renzi che oggi a Bari e domani a Catania apre la nostra campagna per il NO." - dichiara Martina Carpani, coordinatrice nazionale Rete della Conoscenza - "Dal sud delle disuguaglianze comincia la sfiducia a Renzi che pervaderà il Paese. Oggi Renzi si è barricato dentro la Fiera del Levante senza che sia stata permessa l’entrata a nessun visitatore. Noi abbiamo risposto chiaramente, Renzi attento che cadi! (Renzi ancora cadi in pugliese, ndr). Da questo fine settimana lanciamo il nostro percorso autunnale dal titolo "Ora Basta! Decidiamo noi!" che si aprirà nelle prossime settimane a partire dalla mobilitazione studentesca del 7 ottobre, contro il metodo delle deleghe in bianco sulla Buona Scuola, abusato dal Governo per tutti i suoi provvedimenti insieme al voto di fiducia ed alla decretazione d'urgenza."

"E' venuto il tempo che a decidere" - continua la Rete della Conoscenza - "siano i volti dietro alle statistiche: chi non ha diritto a borse di studio, la generazione considerata ultima per possibilità rispetto ai propri genitori, quel 44% di ricattati con i voucher, chi ha perso il lavoro, chi vive in territori dimenticati da tutti, chi ha visto i propri parenti morire per i disastri ambientali. Utilizzando la retorica della governabilità, il referendum costituzionale è solo un espediente proposto dal Governo per far decidere più velocemente sulle nostre vite chi le ha già rovinate abbastanza, con la benedizione di Goldman Sachs e JP Morgan. Non ci stiamo."

"Non siamo conservatori, perchè abbiamo poco da conservare come generazione. Pensiamo però siano altre le priorità per il Paese e lo dimostreremo durante l'autunno con il nostro NO, ricostituente di una precisa visione di scuola, università, lavoro, sanità, governo dei territori. La democrazia formale non è indipendente da quello sostanziale, per questo è chiaro il nostro NO a questa riforma."



A proposito della spy story a 5 stelle

Luciano Granieri

E’ chiaro il carattere provocatorio e sarcastico dell’intervento pubblicato  QUI SOTTO  .  Non sono militante del Movimento 5 Stelle, questo è noto,  spesso sono in disaccordo con loro .  La debolezza, a  mio giudizio, del mondo 5 Stelle è l’ostinazione a tirarsi fuori da ogni coinvolgimento ideologico e ad  appiattirsi sulla trasparenza, sull’onestà.  Valori che non dovrebbero neanche figurare in un programma politico perché scontata dovrebbe essere la loro osservanza da parte di chi si propone al giudizio degli elettori. 

Chi si  candida  al governo della Cosa Pubblica dovrebbe quantomeno prendere posizione su  tematiche primarie. Ad esempio dichiarare  se è favorevole alla dittatura  del mercato sulla vita sociale, se invece propugna una regolazione della politica al dominio del mercato, pur riconoscendone  la predominanza, o se considera il mercato una delle  tante attività necessarie allo sviluppo della persona umana e dunque sottomesso alle regole della convivenza sociale. Già una presa di posizione in questo senso determinerebbe  dinamiche certe di azione politica rispetto ad ogni questione che la vita comune  propone. Ciò non avviene per i 5 Stelle. 

E’ una debolezza anche la  carenza di organizzazione del movimento. La democrazia interna non può esaurirsi nel cliccare si o no, o esprimere opinioni su un blog. Penso che portavoce e  militanti abbiano necessità di incontrarsi discutere di persona programmi e attività. Solo in questo modo le decisioni,  condivise, saranno solide e pronte ad essere messe in pratica senza tentennamenti.  

Detto di queste debolezze, resta il fatto che tale  raggruppamento, ad oggi , è l’unico in grado di disarticolare la perversa commistione fra interessi finanziari e  comitati elettorali capeggiata dal Pd di Renzi.  Ciò determina una responsabilità aggiuntiva e per certi versi gravosa nei riguardi del Movimento. Molti cittadini hanno votato 5 Stelle proprio nella speranza di dare forza ad un movimento in grado di portarli fuori dalla melma secreta  dalle lobby partitiche . 

Non si può i disperdere questo patrimonio.  E’  vero peraltro che i  melmosi comitati elettorali di cui sopra sono pronti, attraverso i media di regime,  a colpire e affondare il marziano, sfruttando ogni  suo più piccolo errore. La vicenda amministrativa di Roma, pur grave ,  non è nulla in confronto al fallimento del Jobs Act e di tutte le iniziative economiche, costate milioni di euro,  messe in campo dal governo Renzi, utili a foraggiare le  grandi imprese, ma devastanti per il mondo del lavoro e per l’economia reale.  Eppure sui giornali si parla solo della Raggi. 

Dunque se è Roma la falla che potrebbe aprire un squarcio ben più  grave è bene richiuderla subito. Come?  Attenendosi alle regole  del Movimento. Perché continuare ad elargire ad un fascista  ambiguo  come Marra tanta apertura di credito? Perché difendere un assessore come Paola Muraro  la cui contiguità con un rappresentate degli odiati poteri forti come il plurindagato   Manlio Cerroni, è ormai acclarata? 

Si faccia piazza pulita di queste  palle  al piede e magari le competenze necessarie si vadano a scovare  nelle università, in quel mondo di giovani ricercatori che potrebbero affiancare con perizia tecnica assessori di provenienza politica interna al Movimento  . Si eviterebbe  in questo modo anche il problema delle retribuzioni spropositate. 

Ripartite dunque amici pentastellati,  cominciate a lavorare per Roma che necessità di urgenti e pesanti interventi. Evitate di farvi risucchiare dalla melma, e apritevi anche all’associazonismo alle persone  che vi stanno  intorno, gente che condivide  molte delle vostre battaglie, ma vuole  mantenere una propria  identità senza entrare nel Movimento.  Ormai l’atteggiamento “o con me o contro di me” sta diventando un vostro terribile tallone d’Achille, rifletteteci .  In bocca al Lupo, forza e coraggio. 

venerdì 9 settembre 2016

Roma e la spy story a 5 stelle

Luciano Granieri

Le  vicende che stanno funestando la nuova amministrazione capitolina presieduta dalla neo sindaca a 5 stelle Virginia Raggi, hanno dell ‘incredibile, del surreale. Una serie di colpi di scena, da cui romanzieri e scrittori noir potrebbero prendere spunto per scrivere storie misteriose o inventare intrighi spionistici. Questa opportunità  ha attirato anche il sottoscritto, il quale, mischiando   fatti, accertati e presunti con un po’ di fantasia si è cimentato nel racconto che segue.   

Roma e la crisi di mafia capitale
Roma, è la città di mafia capitale. Un serie di soggetti, ras delle cooperative, monopolisti di servizi e speculazione fondiaria, hanno ridotto la città allo stremo. Lo tsunami delle indagini, avviate del  giudice Pigantone, ha  scombinato un sistema perfetto basato sui rapporti capillari e clientelari fra manager, portaborse, funzionari senza scrupoli e la politica. La furia di questo terremoto ha travolto il sindaco Marino del Pd, il quale  ha pagato l’ardire di intaccare , anche se in modo maldestro e poco convinto,    tale sistema perverso che consentiva a collaudate consorterie di mangiarsi la città. La defenestrazione, ad opera del  Presidente del  Consiglio Matteo Renzi,  del sindaco  suo sodale di partito,  avvenuta su pressione delle consorterie di cui sopra,  ha portato alle elezioni del giugno scorso. A seguito dello sfascio, sociale, culturale ed economico  lasciato delle giunte di centro destra e centro sinistra, il solo raggruppamento ad avere possibilità di eleggere il sindaco era il Movimento 5 Stelle.  

Il piano di rinascita democratica della destra paludata romana
Roma la città di mafia capitale. L’ambiente romano della  destra paludata,  unita agli interessi del ras dello smaltimento rifiuti,  Cerroni, hanno intravisto la possibilità di uscire dall’indeterminatezza politica ed economica, per riprendersi, quanto le avverse vicende di mafia capitale avevano sottratto loro. Il piano era semplice, cercare nel panorama degli amministratori 5 stelle un soggetto, contiguo al loro mondo, e farne il proprio cavallo di Troia.  Quindi  appoggiarlo, nell’ombra, per consentirgli  l’accesso alla poltrona più alta di Palazzo Senatorio. La figura fu individuata nell’avvocato Virginia Raggi. Consigliere pentastellato di opposizione ai tempi della consiliatura Marino, con solide basi nel mondo della destra liberista  avendo esercitato nello studio  di Cesare Previti.  Il piano era perfetto. Nessuno avrebbe potuto sospettare nulla perché l’avvocato Virginia Raggi, era candidata per un  raggruppamento  che faceva della trasparenza, e della lotta al malaffare il suo carattere distintivo.


La prima fase 
 La prima tappa era evitare sorprese nell’elezione del  sindaco amico . Il problema non era tanto nel candidato del Pd, il quale , come sempre accade, era  privato dei voti dei transfughi a sinistra, in questo caso la lista di Fassina, ma impedire che arrivasse al ballottaggio, la pasdaran  della destra sociale  Giorgia Meloni,  sostenuta in un impeto iper populista dal leghista Matteo Salvini. La candidatura di Bertolaso prima, e di Marchini poi, serviva  proprio a togliere voti alla figlia della lupa. In effetti  la fascista della Garbatella al primo turno   totalizzò il 20,62% a soli 4 punti dal ballottaggio   cui giunse Giachetti con il 24,91%. Se Marchini fosse confluito nelle liste a supporto della Meloni, questa  avrebbe raggiunto oltre il 31% e sarebbe  andata a contrastare la Raggi. Un eventualità estremamente pericolosa ben disinnescata . Al secondo turno, fu evidente la confluenza dei voti di destra sulla Raggi, la quale sbaragliò Giachetti per  67,15 a 32,85.

Seconda fase le contropartite e la nomina degli intoccabili
Il più era fatto, ora era il tempo di chiedere alla neo sindaca delle sostanziose contropartite. La prima fu quella di nominare come assessore a rifiuti una persona gradita a Cerroni. Paola Muraro possedeva  i requisiti richiesti . La Muraro per 12 anni era  stata consulente esterna di Ama con il compito di referente  Ippc  per gli  impianti di Tmb di Rocca Cencia e Via Salaria. Strutture di proprietà di Cerroni dove Ama conferiva i rifiuti. Il suo compito era  la certificazione di  conformità  dei rifiuti stessi  come stabilito nell’autorizzazione integrata ambientale. L’impianto di Rocca Cencia fu chiuso, proprio perché un’inchiesta del Noe accertò  la non conformità del materiale, idoneità invece confermata  da due  consulenza della Muraro.  Prima di essere eletta, a dire il vero,  la consulente supportò Ama  nell’arbitrato da 90milioni che la partecipata dei rifiuti vinse contro Cerroni. Fu un gioco delle parti, costoso per il signore della monnezza , ma propedeutico a sviluppi ben più remunerativi.  


L’assessora in azione
Appena eletta l’assessora  operò il blitz in Ama che portò alle dimissioni dell’Ad Daniele Fortini, le cui denunce avevano messo nei guai il ras dell’immondizia, e sollecitò la  rimessa in funzione proprio di quel tritovagliatore di Rocca Cencia, di proprietà di Cerroni fatto chiudere dal Noe . Nonostante le bugie,  con le quali fino all’utlimo si è negato l’iscrizioni sul registro degli indagati per reato ambientale della Muraro ,  nonostante la figura barbina che la sindaca Raggi , per difendere  la sua assessora , ha fatto fare a Luigi Di Maio , nonostante la consulente abbia lavorato per Cerroni fino ai giorni in cui è entrata nella giunta penta stellata ricevendo un assegno di 22mila euro,  questa è ancora la titolare dell’assessorato all’ambiente come  strenua guardia degli interessi del suo benefattore monnezzaro.  

L’intoccabile Marra
In parallelo a questa storia si snoda la vicenda di un altro pezzo da novanta  della destra paludata  romana. Si tratta di  Raffaele Marra nominato vice capo di gabinetto del sindaco, nonostante le rimostranze del direttorio nazionale dei 5 stelle,  di Grillo in persona. i malumori del capo di gabinetto Carla Raineri e dell’assessore al bilancio Marcello Minnenna entrambi dimessisi in disaccordo con questa nomina. Ma chi è Raffaele  Marra. Comincia la sua carriera nel cerchi magico di Alemanno, portando  cappuccino e cornetto all’ex sindaco con la croce celtica quando questi era ministro dell’agricoltura. Quindi prosegue la carriera come  consulente esterno della Regione Lazio a guida Polverini,  con il non trascurabile compenso di 155mila euro l’anno. Marra, messo direttamente dalla Polverini alla guida del settore “Organizzazione, Personale, Demanio e Patrimonio”,  non avrebbe dovuto ricoprire quel ruolo. Infatti il posto sarebbe spettato ad un  dirigente interno alla Regione scelto attraverso una specifica selezione.

Il corto circuito Marra - De Dominicis
A definire l’illegittimità dell’incarico affidato a Marra fu il Tar. Il quale si espresse negativamente per ben due volte. La prima a settembre 2011, la seconda a seguito di un ricorso sindacale il 25 giugno 2012. Nonostante ciò la Polverini continuò ad avvalersi della consulenza di Marra fino alle sue dimissioni. Il fatto che il consulente abbia continuato ad operare per 21 mesi  percependo il proprio compenso senza averne diritto ha indotto la Corte dei Conti a stimare un danno erariale pari a 324mila euro.  Chi  era alla guida della magistratura contabile che sancì quel  danno erariale? Raffaele De Dominicis. Proprio quel  De Domnicis, incaricato di sostituire Minnenna al bilancio. Un incarico durato meno di 24 ore. Infatti il magistrato è stato quasi subito silurato dalla Raggi perché indagato per abuso d’ufficio dunque non in possesso di un profilo compatibile con le regole del Movimento 5 Stelle.  Quelle stesse regole che invece giudicano idonea la  Muraro anch’essa indagata. Non sarà che De Domnicis è incompatibile con  Marra per la storia del danno erariale?  Una cose è certa chi tocca Marra muore.


I giochi cominciano a rivelarsi
Forse il gioco della Raggi,  volto a reintrodurre negli affari romani la destra maneggiona è stato scoperto dai dirigenti pentastellati, i quali hanno cominciato a prendere le distanze. Lo stesso Grillo ha quasi imposto alla Raggi di disfarsi di Marra, ma l’intoccabile resiste. Non ha neanche accettato un ridimensionamento rifiutando il nuovo incarico alla gestione del personale.

Salta la prima promessa elettorale
Nel frattempo l’assessorato al bilancio rimane vacante. Un peccato perché proprio quel  dicastero doveva mettere in atto, secondo il programma con cui la Raggi chiese il voto ai romani,  l’audit sul debito pregresso. Una boutade elettorale evidentemente perché la cosa non piace alla destra maneggiona  e paludata che ha portato la Raggi in Campidoglio, e  probabilmente sarà la prima promessa a saltare.

To be continued
Siamo  solo all’inizio di questa spy story, si attendono altri incredibili sviluppi.


mercoledì 7 settembre 2016

Il referendum costituzionale, le manovre borghesi e gli interessi dei lavoratori

Matteo Bavassano


Mentre ormai tutto il resto d’Europa è scossa dalle lotte dei lavoratori e da crisi politiche (con l’eccezione, ad oggi, solo della Germania e quella, parziale, del Regno unito), in Italia vi è una calma piatta sul fronte delle lotte, aggravata nell’ultimo periodo dalle ulteriori divisioni del sindacalismo cosiddetto «di base», e tutta la discussione politica nel Paese da anni si risolve nelle dispute inter-borghesi su come meglio uscire definitivamente dalla recessione economica. Tutto il dibattito verte su come far pagare meglio ai lavoratori e ai settori più sfruttati delle masse popolari l’uscita dalla crisi: la cosa è talmente manifesta che praticamente non vengono espresse nemmeno posizioni socialdemocratiche in questo dibattito.
I nodi vengono al pettine: le contraddizioni storiche del sistema economico e politico italiano
La riforma costituzionale che verrà sottoposta all’approvazione del referendum è legata alle contraddizioni del sistema politico ed economico italiano così come si è configurato dal secondo dopoguerra, contraddizioni che si sono sommate via via negli anni e che, precedentemente, non erano state risolte a causa delle lotte operaie e dell’instabilità del sistema politico e partitico italiano: dalla fine della Seconda guerra mondiale il regime borghese italiano non era mai stato in pericolo grazie all’aiuto attivo della socialdemocrazia (specialmente del Pci), ma la borghesia non era mai stata in grado di imporre una riforma nel senso di una democrazia borghese più snella e di uno Stato più forte e decisionista, sul modello della V repubblica francese con il suo regime gollista. Piani in questo senso erano stati preparati da settori minoritari della borghesia e da frange degli apparati (spesso indicati come «deviati»), ma il settore maggioritario della borghesia italiana ha puntato abbastanza stabilmente sulla soluzione frontista, ossia sull’appoggio del Pci, fosse questo diretto, indiretto o nascosto dalla demagogia anticapitalista con cui i leader socialdemocratici nascondevano il loro opportunismo riformista.
All’inizio degli anni ’90, durante la crisi politica seguita all’uscita dallo Sme e allo scandalo di Tangentopoli, la borghesia cambiò la legge elettorale nel quadro di un cambio di orientamento politico-partitico, senza tuttavia cambiare sensibilmente l’assetto istituzionale dello Stato borghese: in questi anni infatti la grande borghesia, che verso la fine degli anni ’80 aveva sempre più intensificato i legami con la vecchia burocrazia di partito del Pci, spesso per tramite delle amministrazioni locali e regionali gestite daicomunisti (significativo che il responsabile delle organizzazioni locali del Pci fosse Cossutta, considerato irriducibile «filosovietico»), si orientò per un governo a guida Pds (come si era rinominato il vecchio Pci). Uno degli obiettivi che la borghesia si poneva in quel frangente era limitare i costi del sistema partitico italiano: questi costi erano dovuti alla necessità di mantenere la stabilità del regime borghese di uno Stato imperialista in cui permanevano grossi problemi di sviluppo economico, soprattutto nelle regioni del meridione, servivano cioè ad allargare la base di sostegno del regime borghese italiano. Le cose però non andarono esattamente come previsto dalla grande borghesia finanziaria a causa della «discesa in campo» di Berlusconi, su cui un settore della grande distribuzione, sfruttando l’impero mediatico Fininvest e facendo leva su settori di media e piccola borghesia, puntò per contrastare il campo dei «progressisti». Da allora continuò l’alternanza centrodestra-centrosinistra fino allo scoppio della crisi economica del 2007-08, quando fu chiaro che, per uscire dalla crisi, serviva un assetto istituzionale che garantisse una maggiore governabilità e stabilità politica, ma negli anni i costi della partitocrazia e della corruzione non solo non si sono attenuati, bensì sono lievitati.
Dalla crisi economica al referendum costituzionale: gli attacchi della borghesia ai lavoratori
Negli anni in cui è esplosa la crisi economica in Italia, il governo Berlusconi, nonostante l’ampia maggioranza parlamentare di cui disponeva, non era in grado di trovare una soluzione adeguata ai problemi posti dalla crisi e dalla recessione economica: il debito continuava a salire e il pil a decrescere, anche se, grazie alla struttura produttiva più solida di quella di Paesi come Spagna, Grecia, Irlanda e Portogallo, la crisi non ha avuto una dimensione così esplosiva come accaduto in quei Paesi. Tuttavia, l’inefficacia del governo di centrodestra a trovare una soluzione, e probabilmente la minaccia di opposizione sociale ad eventuali misure anti-operaie, le uniche che avrebbero potuto garantire una ripresa dei margini di profitto della grande borghesia finanziaria, spinsero la borghesia, tramite Napolitano, a destituire il governo Berlusconi e a creare un governo tecnico, quello di Monti, che, visto come governo di emergenza e con l’appoggio del Pd, incontrò meno resistenza nei suoi primi attacchi contro i lavoratori; in particolar modo, ricordiamo la riforma Fornero delle pensioni. Le successive elezioni politiche non diedero una chiara maggioranza e ne uscì un governo di unità nazionale, il governo Letta, a guida Pd, che però, reggendosi su sottili equilibri parlamentari, non era abbastanza forte per applicare delle serie misure anti-operaie. In questo quadro, all’interno del Pd, cominciò a prendere sempre più piede la leadership di Renzi non solo come guida di un partito, se possibile, ancora più legato che in precedenza alla grande borghesia, ma anche come guida di un nuovo governo di unità nazionale; un governo, a differenza di quello di Letta, fortemente caratterizzato dalla figura del premier come perno di stabilità dell'esecutivo e come uomo delle decisioni forti.
All’inizio, il governo Renzi non era molto più stabile del governo Letta: era l’ennesimo governo «non eletto» che, peraltro, non godeva nemmeno dell’appoggio unanime della base del Pd, in quanto molti non vedevano di buon occhio l’«infedeltà» dell’ex-sindaco di Firenze al vecchio governo. Per dirla in breve, nella fase iniziale di attività del governo Renzi l’incipiente crisi di regime che si affacciava sullo scenario politico in Italia non accennava a diminuire, ma anzi sembrava aumentare. Tuttavia, misure come la Buona scuola e il Jobs act, passate senza alcun tipo di opposizione sociale né sindacale significativa (con la Cgil che faceva una finta opposizione a voce senza praticamente proclamare scioperi, e con il sindacalismo «di base» troppo diviso per organizzare una vera opposizione), hanno permesso a Renzi, con relativa rapidità, di ricompattare la maggior parte della borghesia italiana nel sostegno al suo progetto politico presidenzialista, ponendo così un freno all’incipiente crisi di regime che minacciava l’Italia: nonostante il M5s continui a mantenere un alto sostegno elettorale ed abbia conquistato amministrazioni importanti come quelle di Roma e Torino, ad oggi Renzi è il perno sul quale poggiano i progetti della borghesia per uscire dalla crisi scaricando tutti i costi sui lavoratori e gli sfruttati. Fermo restando che anche i 5 stelle non farebbero che applicare le stesse politiche anti-operaie, sia pur magari con modalità differenti.
Gli interessi dei lavoratori e la lotta contro austerità, borghesia e governo
L’interesse principale dei lavoratori e delle masse popolari sfruttate è quello di mantenere la loro indipendenza dai progetti politici della borghesia. Non vi è una differenza di classe tra i progetti dei partiti borghesi favorevoli alla riforma costituzionale e quelli delle forze della borghesia orientate per il no: entrambi mirano a far pagare al proletariato e agli sfruttati i costi dell’uscita dalla crisi, i costi per permettere alla borghesia di recuperare il suo margine di profitto, e quindi i lavoratori non devono appoggiare organicamente nessuno dei due progetti borghesi contrapposti. Ma è innegabile che la vittoria del Sì al referendum sarebbe una vittoria importante per Renzi e il suo governo, nonché per la stabilità del regime politico italiano in generale, mentre l’interesse dei rivoluzionari e del proletariato è che il regime borghese vacilli e cada, per essere sostituito da uno Stato nuovo basato sui consigli operai, sulla democrazia sovietica. Nonostante questa sostituzione in Italia oggi non sia certo all’ordine del giorno, non vi è alcuna ragione per cui i lavoratori, con la loro inazione, dovrebbero permettere alla borghesia di cambiare un assetto istituzionale che vuole eliminare da circa 40 anni, cambiamento che rafforzerebbe sicuramente il regime politico borghese, mettendo la classe dominante in condizione migliore per colpire i lavoratori, oltre a portare a una restrizione degli spazi democratici di cui godono oggi i lavoratori e le loro organizzazioni. Non bisogna poi tralasciare il fatto che moltissimi lavoratori, e tra loro anche diverse avanguardie di lotta, vedono il governo Renzi come il loro principale nemico, e vedono nel referendum uno strumento di lotta efficace contro il governo e i padroni, nonostante questa sia un'illusione pericolosa, alimentata dalla borghesia per depotenziare le lotte dei lavoratori.
In questo quadro, il compito dei comunisti è quello di sfruttare le energie che i lavoratori metteranno nella loro opposizione alla riforma costituzionale, sostenendoli nella loro mobilitazione per la vittoria del No, ma spiegando loro pazientemente perché devono diffidare delle forze borghesi e riformiste che dirigono i comitati per il No al referendum. La prima illusione che dobbiamo combattere è quella per cui la vittoria del No sarebbe un’importante vittoria contro Renzi: sarebbe tuttalpiù una vittoria parziale, secondaria, che comunque non avrebbe significato senza un’adeguata lotta dei lavoratori, senza che i lavoratori si organizzino dal basso per lanciare uno sciopero generale fino alla caduta del governo e al ritiro di tutte le misure anti-operaie degli ultimi anni, dalla legge Fornero alla Buona scuola al Jobs act. Bisogna da subito lanciare in tutte le assemblee contro la riforma la parola d’ordine dello sciopero generale con questi obiettivi, e spiegare ai lavoratori che questo è indispensabile perché, quand’anche il No dovesse vincere e il governo Renzi cadere, il nuovo governo, sia esso di unità nazionale o a guida M5s, continuerà ad applicare le stesse misure anti-operaie, anche se sarà politicamente più debole e precario.
I partiti borghesi e riformisti, che ad oggi egemonizzano la mobilitazione per il No, non permetterebbero mai a una tale prospettiva di prendere piede tra i lavoratori: ecco perché i marxisti rivoluzionari devono smascherarli impietosamente e implacabilmente come traditori della lotta contro Renzi, che si rifiutano di portare fino alle sue logiche conseguenze. Parallelamente, bisogna spiegare ai lavoratori che una consultazione referendaria non è uno strumento di lotta proprio dei lavoratori, ma della borghesia, uno strumento su cui non si può fare affidamento e il cui risultato è profondamente distorto, non solo dalla propaganda della borghesia con le sue possibilità economiche, ma anche dal fatto che la forza lavoro immigrata, molto rilevante nel nostro Paese, non potrà partecipare al referendum, ma potrà invece farsi sfruttare dai padroni e reprimere dal governo. In terzo luogo, i rivoluzionari devono mettere in chiaro che non difendono assolutamente la Costituzione borghese, che sancisce l’inviolabilità della proprietà privata, cioè la legittimità dello sfruttamento dei lavoratori: dobbiamo far cadere questo tabù, spiegare ai lavoratori che l’attuale Costituzione è un inganno con cui la borghesia si è ripresa il potere dopo l’insurrezione che cacciò i nazifascisti dall’Italia.
I comunisti rivoluzionari devono fare ampia propaganda in ogni assemblea delle seguenti parole d’ordine: 1- votare No al referendum come forma di lotta ausiliaria contro il governo Renzi; 2- organizzare fin da ora, partendo dai lavoratori impegnati nei comitati per il No, dei comitati per convocare dal basso uno sciopero generale prolungato fino alla caduta del governo e al ritiro di tutte le misure anti-operaie. Solo con una lotta dura e condotta con i metodi propri dei lavoratori possiamo tentare di tramutare un fatto politico contingente in una vittoria che apra la strada ad una riscossa dei lavoratori anche in Italia.

lunedì 5 settembre 2016

Era meglio Louis o Bix?

Luciano Granieri





Era meglio Louis o Bix? Questa domanda divide da sempre gli  appassionati quando si parla della tromba (e suoi derivati) nella musica jazz. E’ una scelta complessa perché gli stili molto diversi  di Louis Armstrong e di Bix Beiderbecke, hanno  contraddistinto, due diverse evoluzioni  espressive dello strumento e del  modo di fare musica. 

E’ evidente che stiamo ragionando un po’ a spanne. Louis Armostrong è  passato dall’esecuzione collettiva  polifonica dei piccoli gruppi New Orleanisti (Hot Five e Hot Seven), ad un ruolo da protagonista    nelle orchestre newyorkesi come quella di Fletcher Henderson.  Era la stella dell’orchestra e una stella deve esibirsi mostrando tutta la sua maestria tecnica:  senso del blues, abilità nel gestire le tonalità alte, un linguaggio sfavillante.  

Bix Beiderbecke, invece, figlio di una famiglia tedesca  immigrata a Davenport alla fine dell’800,  recava  nel suo modo di suonare i retaggi del romanticismo tedesco con tutti i suoi risvolti sentimentali.  Non colori  sfavillanti, ma ovattati,  tenui,   con la predilezione per i  toni medi. Indubbiamente la militanza di Bix in orchestre commerciali come quella di Whiteman, agganciata fortemente alla partitura, senza  la possibilità di troppi voli pindarici, ha contribuito a questa espressività lirica curata. Ma anche nelle esibizioni con il  piccolo gruppo dei Wolverins la sua straordinaria sensibilità armonica risultò preminente.  

In realtà si potrebbe azzardare ad identificare un precursore  dello stile di Armostrong.  Fu  Buddy Bolden  il primo cornettista ad improvvisare nel suo gruppo. Bolden con i  toni  alti e squillanti della sua cornetta , imperversò nelle band impegnate ad esibirsi  in feste e  parate della New Orleans di fine ‘800. Da qui attraverso il contributo di Tony Jackson “King” Oliver  iniziò l’evoluzione stilistica di Armstrong.    

Velocità di esecuzione, toni acuti e sfavillanti, o lirismo e ricercatezza della proposta armonica,  hanno  diversamente contraddistinto generazioni di  trombettisti, fino all’avvento del free jazz ed oltre. Da Armstrong, si passò  allo straordinario  Roy Eldridge che   dall’orchestra di Gene Krupa  cominciò  a gettare le basi del linguaggio Be Bop. Dizzy Gillespie,  inventore insieme a Parker ed altri jazzisti del  Be Bop vero e proprio ,  estremizzò ulteriormente il fraseggio con arpeggi velocissimi, toni più che acuti, aggiungendo lo stravolgimento armonico  proprio  dei rivoluzionari della 52° strada.   Negli anni ’50 Clifford Brown, arricchì lo stile frenetico tecnicamente  straordinario    del Be Bop  inglobando  stilemi riferibili al blues più arcaico. 

Dall’altro lato, invece, lo stile di Beiderbecke si ritrova in pieno nel lirismo di Miles Davis. Fra la primavera del 1949 e l’inizio del 1950, fu realizzato per la Capitol  il disco “The Birth of the Cool”. Il manifesto del nuovo stile cool, dove proprio Miles Davis, che per altro aveva suonato con Parker, quindi aveva  frequentato  l’irrequietezza del Bop, mostrò quale fosse la raffinata evoluzione dello stile di Bix. Un fraseggio riflessivo ma ricco di suggestioni armoniche. Non c’era frenesia né spericolate evoluzioni tecniche, ma una straordinaria sensibilità lirica. Per Davis, in realtà questa non fu che una prima tappa del suo percorso di accanito  sperimentatore. Nel 1959 in Kind of Blue, insieme a John Coltrane iniziò a sperimentare il jazz modale che aprirà la strada al free, poi l’esplosione jazz-rock con Bitches Brew nel 1970. 

Chet Baker fu un altro autorevole esponente della linea cool, un degno erede di Biederbecke. Sia nella prima fase della sua carriera con il quartetto senza pianoforte insieme a Gerry Mulligan, che nella seconda , susseguente ad un ritiro dalle scene  per  traversie personali.  La  musica di Chet appare   ipnotica. Fraseggi misurati, note lunghe e piegate nel corso della loro modulazione definiscono uno stile inconfondibile. 

Fra gli anni ’60 e i ’70 irrompe il free jazz. Comincia un’altra storia, con la disintegrazione di ogni limite armonico. Bix e Louis sono lontani dimenticati. Lester Bowie, Don Cherry sono fra gli esponenti  più emblematici dell’era free.  

Negli anni ’80 fino ad oggi, molti trombettisti riferibili all’una o all’altra corrente hanno calcato i palchi di tutto il mondo. Personalità come Wynton Marsalis invece hanno sviluppato un linguaggio originale pescando sia dal fulminante tecnicismo che dalla ricercatezza armonica. Freddie Hubbard e Woody Shaw, sono stati  trombettisti dalla straordinaria cifra tecnica. Esponenti di spicco dell’hard bop, passati anche dall’esperienza free.    Caratteristiche del loro fraseggio  il blues, arpeggi veloci , e   tonalità squillanti. Rappresentano magnificamente il filone che parte da Louis Armostrong, o da Buddy Bolden, per essere precisi. 

Woody e Freddie (purtroppo scomparsi il primo nell’89 il secondo nel 2008) sono i protagonisti del video che segue. Insieme a loro suonano  Joe Henderson al sax tenore, Mc Coy Tyner al pianoforte, Avery Shapre al contrabbasso, Louis Hayes alla batteria. Li ascoltiamo in due favolosi blues: Sandu, un classico proprio di Clifford Brown, e Blues for Basie dello stesso McCoy Tyner. Il set svoltosi in Francia nel 1986, trova i due trombettisti in forma splendida, profondono groove a piene mani, o meglio a pieni polmoni. Un modo degno per concludere questo piccolo  excursus nel mondo della tromba nel jazz. 

Good Vibrations

domenica 4 settembre 2016

De Magistris a Livorno: dall’iniziativa “la sovranità appartiene al popolo” promossa da “Buongiorno Livorno”

Agenzia Stampa – Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo.


Martedì 30 Agosto, al centro civico di Corea a Livorno, si è tenuta una partecipata iniziativa promossa da “Buongiorno Livorno” (lista civica candidatasi alle amministrative del 2015) a cui è stato invitato il sindaco di Napoli Luigi De Magistris e il collettivo Ex OPG occupato “Je so pazzo”. Al centro dell’iniziativa vi era la promozione dell’esperienza della giunta napoletana e della sinergia con uno dei tanti organismi popolari della città, nell’ambito di “municipalismo e autonomia, beni comuni e spazi liberati, reddito e lavoro, costituzione”, dietro il motto “la sovranità appartiene al popolo”.
Una delegazione della federazione Toscana del Partito dei CARC ha partecipato a quella che reputiamo una importantissima iniziativa, che al netto del grande entusiasmo generato nei partecipanti, per il vigore e la forza di quanto sta avvenendo sul territorio napoletano, fa emergere alcuni aspetti di grande valore da trattare all’interno del dibattito tra chi oggi si propone di costruire un’alternativa allo stato di cose presenti, una soluzione alla crisi, una via di uscita dal marasma in cui speculatori e affaristi continuano a gettare le masse popolari.
L’aspetto fondamentale che ha caratterizzato in positivo l’evento si deduce dalle parole del compagno Salvatore dell’Ex OPG occupato e dall’esperienza pratica della giunta “ribelle” De Magistris: “Nonostante la crisi ci schiacci, ci da l’opportunità di fare quello che finora non abbiamo mai fatto. Possiamo costruire governi locali e un governo nazionale diverso, di tipo nuovo”. Da queste parole si comprende che c’è la volontà e la necessità di portare ad un livello superiore il processo innescato ed estenderlo a tutto il paese e a tutte le realtà che oggi vogliono porsi alla testa della costruzione dell’alternativa politica e di governo. Noi diciamo che è proprio la costruzione di Amministrazioni Locali di Emergenza e di un Governo d’Emergenza la prospettiva da darsi nell’immediato per risollevare il paese dal baratro in cui viene condotto dalla borghesia: si può fare, si deve fare, è nell’ordine delle cose ed è l’unica strada percorribile per cominciare a farla finita con il dissanguamento del paese perpetrato e promosso dalla classe dominante.
Ancora, dagli interventi del sindaco De Magistris sulle misure messe in campo negli anni del suo primo mandato e di Salvatore dell’Ex OPG occupato, risulta in modo lampante un aspetto: la necessità di rompere con le leggi, le direttive e le norme con cui il governo centrale vincola le amministrazioni locali per renderle un contenitore vuoto, imbrigliarlo, svuotarlo di ogni potere, mettendo al centro gli interessi delle masse popolari e facendo valere il principio che è legittimo tutto quello che va negli interessi delle masse popolari. Esempi importanti sono l’aperta violazione della circolare ministeriale con cui il governo decise di tagliare con l’accetta, attraverso la chiusura di numerosi istituti per esigenze di bilancio interno, sull’istruzione pubblica nella città di Napoli. A ciò la giunta ha risposto con un bando interno per l’assunzione di 370 insegnanti, garantendo i posti di lavoro. Altro esempio è l’opposizione alle leggi contro le occupazioni, alle quali ha risposto mettendo al centro la necessità di affrontare l’emergenza abitativa, la richiesta di spazi sociali e di aggregazione, deliberando addirittura a favore di queste pratiche ove orientate a risolvere problemi effettivi della città. La città di Livorno conta un tasso di emergenza abitativa altissimo, come sottolinea Giovanni Ceravolo di ASIA-USB, e che il movimento antagonista dal basso sta cercando di tamponare con le occupazioni di locali abbandonati. “Isolati da tutti”, dice, “cerchiamo di fare il possibile per garantire un alloggio a chi ne ha bisogno”. Il dato importante che fa riflettere è che il movimento di lotta per la casa di Livorno si mostra già come un organismo autorevole, con le 600 persone in occupazione a cui stanno cercando di garantire un alloggio dignitoso. Partire da questo per rendere l’occupazione degli edifici lasciati alla speculazione e al degrado forza di legge, vuol dire porsi l’obiettivo di governare la città definendo con gli occupanti, con gli organismi operai e popolari del territorio, veri e propri “piani casa” per risollevare Livorno dalla miseria in cui viene condotta, porsi nell’ottica di recuperare e rivalutare gli edifici abbandonati, raccogliere il sostegno (politico, e pratico) a partire da quanti in maniera sparsa hanno aderito all’iniziativa di Buongiorno Livorno: vi erano operai, esponenti di organizzazioni popolari, ecc. E’ un processo lungo ma che deve necessariamente puntare al governo della città. E’ in questo processo che si interviene anche su quello che è “il governo altalenante del Movimento 5 Stelle”, come dice Giovanni, che sarà costretto a rompere in maniera sempre più decisiva con le norme e le regole imposte dal nemico se vuole sopravvivere.
Il maggior numero di misure, leggi e norme espresse dalla classe dominante nel nostro paese è volta a perpetrare il suo dominio messo in discussione dalla crisi economica, che diventa politica, ambientale e sociale. Il suo dominio è la principale causa delle sciagure che attraversano il nostro paese, la rottura con le leggi e le prassi che questa utilizza contro le masse popolari è un passo necessario per mettere in discussione il suo potere, che come ricorda Giovanni non si esprime nell’amministrazione della città di Livorno, ma nel radicamento di clientele, uomini, reti e strutture che ha consolidato nel corso del tempo il PD che è rappresentazione della classe dominante.

Sul tema della costituzione, Marco Bruciati spiega le ragioni per votare NO alle modifiche costituzionali. Nei suoi interventi precedenti ha sottolineato l’importanza di creare la sinergia con il movimento da parte di organismi istituzionali per mettere mano al territorio, ai servizi, al patrimonio pubblico. Ha portato anche la solidarietà ai 50 lavoratori del porto licenziati dalla cooperativa per cui erano assunti, proprio qualche giorno prima dell’iniziativa. Ebbene, a Marco Bruciati e a chi era presente all’iniziativa diciamo che determinante non è il NO al referendum, ma è la mobilitazione per l’attuazione pratica dei suoi principi. All’iniziativa vi erano presenti operai del territorio livornese, operai della Piaggio: con loro vanno costruite iniziative che mettano al centro l’articolo 1 della nostra Costituzione, per iniziare ad applicare quel principio per cui l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. Come dice il compagno dell’ex OPG Salvatore, “il nemico ha paura” e quindi bisogna “passare dalla difesa all’attacco e vincere”. Non basta più alzare le barricate per resistere, bisogna vincere. E’ con la sinergia e il coordinamento dei presenti all’assemblea che va costruito e deciso un piano per la creazione di posti di lavoro in base alle esigenze del territorio: porsi come forza di governo vuol dire elaborare con la classe operaia livornese e con le organizzazioni popolari della città quanto è necessario per essa, e cominciare ad applicarlo.
Per certi aspetti l’esperienza napoletana ha dimostrato e dimostra di star andando nella direzione di garantire i principi fondamentali della Costituzione. La stessa assunzione di 370 insegnanti garantisce al tempo stesso due principi fondamentali: il diritto al lavoro e all’istruzione pubblica. Noi diciamo che si deve fare un passo ulteriore: Luigi De Magistris è già nei fatti, oltre che nell’immaginario collettivo, il capofila dei sindaci e delle forze democratiche e progressiste del paese. Egli ha già dimostrato che è possibile sfidare i poteri forti, respingendo un commissariamento strumentale e vincendo nuovamente le elezioni grazie al sostegno delle masse popolari. Dunque può certamente promuovere una cordata di sindaci per il NO alla riforma costituzionale! Le disponibilità da parte di altri rappresentanti istituzionali sono già tante: sindaci e amministratori del PD dissidenti o espressione della società civile e lo stesso Movimento 5 Stelle che amministra ora due delle più grandi città del paese. Ma occorre una voce autorevole e popolare che si incarichi di lanciare la sfida e di organizzare la battaglia: coordinare il posizionamento ancora sparso, mettere in sinergia l’azione di contrasto alla riforma e di applicazione della Costituzione attraverso misure concrete, che vadano negli interessi delle masse popolari. Le organizzazioni di base di Napoli e dell’intero paese (Movimento No TAV, Mamme No Inceneritore, NO MUOS, e le miriadi sparse in tutte le regioni) saranno l’anello di congiunzione tra la testa e il resto delle masse popolari. Quanto avviene a Napoli intimorisce i poteri forti e condurre la battaglia per la difesa e applicazione della costituzione rappresenta oggi un tassello fondamentale per indebolirli, per creare le condizioni affinchè la “rivoluzione in salsa partenopea” diventi un processo che si estenda a livello nazionale.
In ultimo, non per importanza, intendiamo sottolineare un aspetto decisivo nella battaglia condotta dalla giunta De Magistris a Napoli: le vittorie ottenute e il processo messo in atto non sono frutto di capacità individuali o di semplice “coraggio”, che anche è importante nel portare avanti un progetto politico, ma sono il frutto della sinergia instaurata nella lotta contro il nemico comune tra quella che è una giunta progressista, capeggiata da un esponente che si assume la responsabilità di rompere con i poteri forti, e le masse popolari organizzate del territorio napoletano. Ad esempio, l’Ex OPG occupato per quanto riguarda il “controllo popolare” alle elezioni amministrative, che è intervenuto laddove i poteri locali legati alla camorra praticano brogli elettorali a cielo aperto.
Ciò dimostra la necessità pratica per ogni sindaco di buona volontà, per ogni esponente sindacale o della società civile che voglia cambiare lo stato di cose presenti, che è necessario il legame con le masse popolari che ne legittimano la pratica per poter vincere.
L’esperienza della giunta De Magistris va nella direzione di costruire nel territorio napoletano un’ Amministrazione Locale d’Emergenza, ed è al tempo stesso il grimaldello per aprire la strada ad un movimento generale di cambiamento dell’intero paese. E’ necessario far conoscere, diffondere e propagandare questa esperienza come strumento di emulazione e organizzazione in ogni territorio, per estendere ed alimentare la lotta a livello nazionale per la costruzione di un Governo d’Emergenza. Un governo che da subito mobiliti le masse popolari organizzate per applicare su ampia scala i principi democratici e progressisti della Costituzione. In Toscana, tantissimi sono gli esempi e i contesti in cui l’esperienza De Magistris può essere riportata per alimentare il dibattito sulla costruzione di Amministrazioni di nuovo tipo: ha aperto le fila Sesto Fiorentino con i comitati della Piana contro le nocività, ma abbiamo esperienze come l’Assemblea Permanente che nel 2013 nacque dall’occupazione del comune di Carrara, a seguito dell’ennesimo disastro ambientale dovuto alla mala gestione del territorio, così come Camping CIG che nasce da quella che è l’esigenza di un territorio come Piombino di mettere mano all’emergenza lavoro e ambientale.

Utilizzare l’esperienza De Magistris per promuovere la costruzione di nuovi governi delle città e del paese, per garantire un lavoro utile e dignitoso per tutti, per costruire Amministrazioni Locali di Emergenza e attuare le misure necessarie per togliere il paese dal controllo e dal dominio della borghesia.