Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 20 maggio 2017

RENZI E IL SUO GRUPPO DIRIGENTE VOGLIONO RIBALTARE IL RISULTATO DEL REFERENDUM COSTITUZIONALE

Comitato per la Democrazia Costituzionale

RENZI E IL SUO GRUPPO DIRIGENTE VOGLIONO IGNORARE E RIBALTARE IL RISULTATO DEL REFERENDUM DEL 4 DICEMBRE 2016 CHE HA BOCCIATO LE DEFORMAZIONI DELLA COSTITUZIONE. LA COSTITUZIONE DEVE ISPIRARE LA LEGGE ELETTORALE. BASTA CON DEPUTATI E SENATORI NOMINATI DAI CAPI PARTITO. BASTA LEGGI MAGGIORITARIE CHE ALTERANO LA RAPPRESENTATIVITA’ E DISCRIMINANO LE FORZE MINORI E REGALANO A MINORANZE LA MAGGIORANZA PARLAMENTARE CON TRUCCHI LEGISLATIVI. È GIUNTA L’ORA DI RESTITUIRE LA SOVRANITA’ AGLI ELETTORI CHE DEBBONO ELEGGERE I LORO RAPPRESENTANTI.


I cittadini italiani hanno impedito con un voto forte e chiaro lo stravolgimento della Costituzione democratica tentato da Renzi e dalla sua maggioranza. Oggi, come se niente fosse, Renzi ripropone un Parlamento con deputati e senatori nominati dai capipartito, cercando una rivincita alla sonora sconfitta del 4 dicembre 2016.
Se passasse la proposta di legge elettorale presentata alla Camera ancora una volta i capi dei partiti potranno nominare tutti i parlamentari, assegnando il seggio ai propri fedelissimi, senza che gli elettori possano scegliere, come sarebbe giusto e necessario, i loro rappresentanti. Inoltre potranno tenere fuori dal Parlamento le minoranze sgradite, ignorando perfino il diritto di tribuna.
Sono state reintrodotte, nella proposta depositata alla Camera, le liste bloccate per il 50% dei seggi (quota proporzionale) mentre per l’altro 50% (collegi uninominali attribuiti a chi ha un voto in più), la scelta fra i candidati nel collegio uninominale (anch’essi decisi dai capi partito) è fortemente condizionata dal fatto che si può esprimere un solo voto che trasferisce automaticamente alla lista dei candidati nel collegio plurinominale la scelta effettuata per il candidato nel collegio uninominale.
La rappresentatività delle assemblee parlamentari ne risulterà drasticamente ridimensionata perché l’uninominale maggioritario premierà le forze politiche localistiche, determinandone una sovrarappresentazione a scapito dell’uguaglianza del voto e, in ogni caso, la composizione della rappresentanza sarà ancora una volta nelle mani di pochissimi individui, mantenendo in piedi il carattere oligarchico del sistema politico attuale. Il voto non è libero, personale e diretto come afferma la Costituzione e gli elettori potranno solo ratificare le decisioni dei capi partito. Il Senato che il popolo ha conservato elettivo non è più eletto a base regionale come prevede l’art. 57 della Costituzione. E’ incredibile che dopo un mare di chiacchiere sulla parità di genere i candidati uninominali e i capilista delle liste bloccate collegate nei collegi plurinominali possano essere dello stesso genere e sparisce l’obbligo dell’alternanza di genere nelle liste bloccate: addio al riequilibrio della rappresentanza come richiede l’art. 51 della Costituzione. Tutti candidati sono designati dai partiti nei collegi uninominali o nelle liste bloccate, ma alcuni particolarmente cari ai capi partito possono essere candidati sia nel collegio uninominale, che in tre collegi plurinominali, questo impedirà agli elettori di bocciarli.

Chi ha votato NO al referendum deve opporsi per le stesse ragioni in maniera unitaria a questa proposta di legge elettorale per ottenere una legge che ristabilisca la rappresentatività delle assemblee parlamentari. Gli elettori hanno il diritto di decidere da chi vogliono essere rappresentati e il loro voto deve essere libero ed uguale negli effetti. L’Italia ha bisogno che la rappresentanza del popolo italiano sia reale e non alterata da leggi bugiarde. Questo è indispensabile per ripristinare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche, per evitare lo svuotamento della democrazia garantita dalla Costituzione, per evitare derive autoritarie e personalistiche.

Il Prc di Frosinone sosterrà il candidato a sindaco Stefano Pizzutelli.

Prc-Se  Circolo di Frosinone

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La sinistra è presente alle elezioni amministrative di Frosinone unitariamente: il PRC, Possibile, Sinistra Italiana e il PCI insieme alla lista civica Frosinone in  Comune sostengono la candidatura a di Pizzutelli e le candidature a consigliere di Francesco Smania, già capogruppo del PRC in consiglio comunale, e di Stefano Lauretti, indipendente.
La giunta Ottaviani deve essere spazzata via, il nostro impegno è quello di contribuire in maniera decisiva a questo obiettivo. L’operato di questa amministrazione è evidente per la sua negatività, per l’ignominia dei frusinati, costretti a vivere al di sotto della media delle città italiane come attestato dalla classifica della vivibilità stilata dall’Università di Roma “La Sapienza”.
I motivi per cui occorre un svolta decisiva nell’amministrazione della città sono sotto gli occhi di ogni cittadino e sarebbe alquanto superfluo elencarli anche in parte.
Ma la risposta della città deve esser certa e sicura, invitiamo a votare per la Sinistra presente unitariamente e in linea con quanto è stato già disposto ed avviato nelle altre città della provincia, come a Sora, Cassino, Esperia e tanti altri paesi,  dove lo spirito unitario ha sortito buoni risultati. In questo modo riusciamo ad arginare le debolezze e i tentennamenti di un PD ciociaro sempre più avvitato nelle beghe interne e assolutamente incapace di uscire dalla palude dei piccoli potentati personali che ne nutrono stancamente l’esistenza, incapace di corrispondere alla domanda di cambiamento levata dai cittadini.
Lo schieramento della sinistra unitaria è alternativa al PD proprio perché sganciata dalle logiche di potere predispone di una proposta di programma governo la cui fattibilità non potrà essere inficiata dai giochi di potere. Liberiamo Frosinone , facciamone un bene comune.

           Il Segretario del circolo Prc-Se Francesco Smania

Contro i test Invalsi e la didattica per quiz



Appello
 Sono passati due anni da quel 5 maggio di ribellione in cui 650.000 docenti, studenti e lavoratori della scuola pubblica scesero in piazza per difendere la dignità e il proprio ruolo educativo. Ignorando la loro totale avversità, Renzi ha poi varato una riforma che riduce a merce un diritto inalienabile e stravolge la funzione della scuola nata dalle norme della Costituzione, pochi mesi fa salvata da un sussulto popolare.
Rientrata la protesta, complici le confederazioni sindacali, i docenti subiscono gli effetti mortificanti di una riconversione disciplinare, didattica ed etica inaccettabile, benché “legalizzata” dalla 107, perché calpesta principi deontologici inderogabili e preordina i destini di studenti e studentesse.
Invise tanto agli studenti, che vedono spesso pregiudicata la loro carriera scolastica da un rilevamento istantaneo e arbitrario, quanto ai docenti, costretti ad “addestrare” alla risoluzione dei test, le prove asfittiche e costose vengono imposte con minacce e intimidazioni da dirigenti, dotati di nuovi poteri coercitivi. Salvo rare eccezioni, questi ultimi vantano inesistenti benefìci dei test, ripudiati perfino dai loro inventori, o parlano di prassi “ormai” consuetudinaria.
La consuetudine però non può surrogare il giudizio assiologico che la classe docente ha il dovere di esprimere sulle scelte pedagogiche e la reiterazione di pratiche o comportamenti non ne configura la liceità o la bontà.
La scuola non può accogliere uno strumento che non ha contribuito ad elaborare, né subire la logica ricattatoria di istituzioni che fanno della rinuncia alla libertà di insegnamento e apprendimento la condizione per l’erogazione dei fondi dovuti.
(…) Come docenti, pretendiamo di rendere i giovani indipendenti e critici, nel giudizio e nel pensiero. Ci chiediamo come si possa cadere nel paradosso di punire gli studenti perché rifiutano di essere conformisti. Ci chiediamo che stima gli alunni possano avere di noi, quando ci vedano proni alla violenza di chi manda in classe un valutatore che li marchia per venderli sul mercato.
Ci chiediamo che idea si possano fare di noi come intellettuali, vedendoci rinunciare con tanta leggerezza e pavidità all’essenza del nostro lavoro, alla passione per l’insegnamento inteso come atto creativo e alla collegialità democratica, che ne è, al contempo, presupposto e riflesso.
Vogliamo denunciarlo alla società civile: l’Invalsi non è strumento tecnico, ma sistema di controllo sociale nato dall’ideologia neoliberista. I suoi teorici e i politici al loro servizio ripetono ossessivamente che la Scuola deve “prendere atto” di cambiamenti presentati come il portato di una volontà metafisica, e che sono, invece, frutto di scelte economico-politiche regressive e congiunturali.
Noi sosteniamo che la scuola non debba prendere atto, ma prendere posizione su quanto la coinvolge e vuole travolgerla.
Ci rivolgiamo all’università, alla scuola, ai precari, demansionati e costretti a trasferirsi; ci rivolgiamo ai genitori, agli studenti, a quanti il 4 dicembre hanno difeso la Costituzione: chiediamo di sottoscrivere questo documento, per innescare un processo di critica radicale alla didattica per quiz e all’impianto classista della “Buona Scuola”.
In questo desolante panorama politico, che fa della crisi economica l’alibi per azzerare diritti e partecipazione democratica, abbiamo un’enorme responsabilità: quella di resistere a chi vuole esautorarci agli occhi delle generazioni che crescono, per dealfabetizzarle, ingannarle e sfruttarle. Eluderla, sarebbe un’inespiabile colpa.

Promotori

Coord. Precari Scuola Napoli; Docenti in lotta contro la L. 107; Cobas Scuola Napoli
(Per adesione scrivi qui)

Firmatari

Giuseppe Aragno, storico, Napoli; Piero Bevilacqua, storico, “la Sapienza”; Amalia Collisani, Musicologia, Univ. di Palermo; Lidia Decandia, Univ. di Sassari; Paolo Favilli, Univ. di Genova; Laura Marchetti, Univ. di Foggia; Ugo Maria Olivieri, “Federico II”; Enzo Scandurra, Architettura, “la Sapienza”; Lucinia Speciale Univ. del Salento; Luigi Vavalà, liceo “De Sanctis”. Trani.

venerdì 19 maggio 2017

Acqua Pubblica. Appello ai candidati a sindaco della Provincia di Frosinone



Elezioni Amministrative 2017

Appello ai candidati Sindaci e Consiglieri comunali per il miglioramento della qualità e la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato. 

Gentili Candidati, 

la Legge Regionale n. 5 del 4 aprile 2014 “Tutela, governo e gestione pubblica delle acque”, approvata all’unanimità dal Consiglio Regionale e coerente con la volontà espressa dal popolo italiano con i referendum del 2011, disciplina la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque in sostituzione della previgente L.R. n. 6/1996. 

La stessa L.R. n. 5/2014, nonostante i termini in essa fissati, non ha ancora visti emanati i provvedimenti normativi necessari ed indispensabili alla sua effettiva attuazione. La Proposta di Legge regionale n. 238/2015 “Individuazione degli ambiti di bacino idrografico e organizzazione del servizio idrico integrato”, finalizzata all’attuazione dell’art. 5 della L.R. n. 5/2014, è pendente da quasi due anni presso il Consiglio Regionale del Lazio e mai discussa in Commissione Ambiente. Detta Proposta di legge regionale è stata presentata dal Coordinamento Regionale Acqua Pubblica il 27 dicembre 2014 e successivamente sottoscritta da 11 Consiglieri regionali di maggioranza e opposizione. All’articolo 2 prevede la costituzione, tra gli altri, dell’Ambito di Bacino Idrografico “Sacco” ed all’articolo 3 definisce i comuni ricadenti in detto Ambito (per un totale di 45 comuni e circa 350.000 abitanti); 

Il Presidente della Regione, con il DPRL n. T00205 del 12/10/2016, ha affidato un incarico in materia giuridico-amministrativa al Prof. Alberto Lucarelli per "l'elaborazione di una proposta di legge che regoli la materia degli ambiti di bacino idrografico e del sistema idrico integrato". Nel mese di giugno p.v. il Prof. Lucarelli consegnerà l’elaborato richiesto, il quale dovrà essere successivamente discusso e approvato dalle Commissioni consiliari competenti e, infine, dal Consiglio Regionale.

 Nel frattempo, le modifiche intervenute alla legislazione nazionale di riferimento, se da un lato non incidono sulla piena e totale applicabilità della norma regionale, dall’altro inducono a rischi di concentrazioni societarie nell’interesse dei grandi operatori privati del settore dei servizi e salvaguardano comunque il loro profitto a spese degli utenti del servizio idrico integrato.

 La mobilitazione di molti cittadini e comitati e di alcuni Enti locali ha sino ad oggi impedito che, tradendo i principi della L.R. n. 5/2014 “Tutela, governo e gestione pubblica delle acque”, anche nel Lazio venisse adottata una normativa contraria all’esito dei referendum del 2011, come già avvenuto in Toscana e Campania, ad esclusivo beneficio degli interessi delle società multiutilities

Di recente, il Piano di Tutela delle Acque Regionale (PTAR), il principale strumento di pianificazione regionale in materia di acque, è stato aggiornato e adottato con la Deliberazione n. 819 del 28 dicembre 2016, pubblicata sul BURL n. 4 del 12 gennaio 2017. Il PTAR si configura quale piano di settore funzionale all’attuazione della Direttiva comunitaria 2000/60/CE, ratificata con il D.L.vo n. 152/2006, i cui obiettivi di qualità delle acque e dei corpi idrici possono essere raggiunti soltanto attraverso la realizzazione di molteplici interventi a livello territoriale riguardanti tutti i comparti socio-economici (urbano, industriale, agricolo, zootecnico). Tale Piano analizza e valuta in termini quantitativi e qualitativi lo stato delle risorse idriche a livello di singoli bacini idrografici e definisce le opportune norme di gestione delle stesse risorse idriche al fine di garantirne la corretta conservazione e l’eventuale riqualificazione. Inoltre, delinea, anche da un punto di vista infrastrutturale ed economico, gli interventi da attuare nei singoli bacini idrografici per migliorare l’efficacia e rendere più sostenibili i servizi idrici integrati attualmente forniti. Il bacino idrografico del fiume Sacco è uno dei bacini analizzati e valutati dal PTAR ed è coerente con la delimitazione dell’Ambito di Bacino Idrografico definito nella suddetta Proposta di L.R. n. 238/2015. 

Per tutto quanto premesso, il Comitato provinciale acqua pubblica Frosinone si appella a tutti i candidati alla carica di Sindaco e di Consigliere comunale delle prossime elezioni amministrative perché si impegnino, una volta eletti, a: 

- sollecitare la Regione Lazio affinché proceda rapidamente con la predisposizione delle norme attuative della L.R. n. 5/2014 “Tutela, governo e gestione pubblica delle acque” e individui uno specifico Ambito di Bacino Idrografico “Sacco”, come contenuto nella Proposta di L.R. n. 238/2015 “Individuazione degli Ambiti di bacino idrografico ed organizzazione del servizio idrico integrato”; 

- supportare la Regione Lazio, nelle forme opportune, come amministratori comunali, nell’attuazione della L.R. n. 5/2014 “Tutela, governo e gestione pubblica delle acque”; 

- sostenere prioritariamente e privilegiare l’opzione della gestione pubblica del Servizio Idrico Integrato dell’Ambito di Bacino Idrografico Sacco, promuovendo la costituzione di un’azienda speciale consortile e verificando la possibilità dell’uso di strumenti di finanza pubblica per il reperimento dei fondi necessari al finanziamento degli investimenti; 

- contribuire attivamente per raggiungere gli obiettivi di qualità stabiliti nel nuovo Piano di Tutela delle Acque Regionale, per rendere efficiente e sostenibile il servizio idrico integrato nei tempi e modalità stabiliti dal piano stesso; 

- sostenere e rafforzare la Delibera dell’Assemblea dei Sindaci dell’ATO 5 di risoluzione del contratto con la società Acea ATO 5 spa per la gestione del servizio idrico integrato; 

- nelle more della risoluzione controllare approfonditamente l’operato della società Acea ATO 5 spa, valutarne la qualità e pretendere il rispetto delle norme contrattuali e degli utenti del servizio.

 Il Comitato provinciale acqua pubblica Frosinone chiede, infine, a tutti i candidati di manifestare pubblicamente la condivisione, o meno, dei punti sopra elencati e di illustrare chiaramente nella campagna elettorale come intendono affrontare il tema della gestione dell’acqua e risolvere i problemi e le criticità attualmente presenti, che penalizzano fortemente i cittadini, depauperano la risorsa e ne peggiorano la qualità, esponendo la comunità a notevoli ripercussioni sociali, economiche, sanitarie e ambientali.

Comitato provinciale acqua pubblica Frosinone 


video luciano granieri

La città solidale irrompe in Consiglio Comunale

Coordinamento regionale acqua pubblica Lazio

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Oggi diversi attivisti del Rialto e della Rete Decide Roma hanno interrotto i lavori del Consiglio comunale per denunciare lo sgombero del Rialto e l'ipocrisia delle "soluzioni" trovate, nonché per rivendicare un processo realmente partecipativo alla costruzione del regolamento sul patrimonio pubblico. Sono stati esposti bandiere dell'acqua pubblica e cartelli con le scritte: “la città solidale non si sgombera e non si mette a bando”, “siamo in credito, non siamo in debito” e “#sgomberorialto, mACQUAle bando non siamo corrotti. Tra i temi denunciati c'è infatti lo sgombero della sede nazionale del Forum dei Movimenti per l'Acqua, tema che (in teoria) rappresenta la "prima stella" della forza politica al governo della capitale.


Al termine di quest'azione è stato ottenuto un incontro con l'Assessore Mazzillo durante il quale è emerso che:

- l'Amministrazione non ha intenzione di individuare alcuna soluzione alternativa per garantire la continuità delle attività portate avanti dalle realtà presenti al Rialto;

- l'Amministrazione, dopo tre mesi di incontri, non ha ancora cognizione di causa rispetto all'attuazione della delibera 40/04 e quindi della possibilità di trasferimento delle realtà all'ex-autoparco dei vigili urbani;



- l'Amministrazione non è ancora in grado di segnalare i tempi con cui prenderà avvio la discussione sul regolamento sul patrimonio pubblico;

- l'Amministrazione non prevede di mettere in campo nessun percorso partecipativo reale e di confronto con la città sul tema del regolamento;

- la Giunta sta lavorando a una direttiva con cui da indicazioni al Dipartimento Patrimonio di esaminare le determine di sgombero e richiesta di arretrati emesse dall'approvazione della delibera 140 a oggi per valutare caso per caso l'eventuale ritiro in autotutela in conformità con quanto già affermato, in linea di principio, nelle sentenze. Soluzione ben lontana quindi dal blocco degli sgomberi e delle richieste economiche, dall'atto politico che nemmeno caduto l'alibi del danno erariale, agitato della Procura della Corte dei Conti, la Giunta è disposta a assumersi.

Alla luce di tutto ciò, ribadiamo che proseguiremo la mobilitazione con cui denunciare l'atto di forza dello sgombero del Rialto e la vergognosa strategia mediatica costruita con il bando cucito su misura del Forum Acqua, nonché per realizzare un vero percorso partecipativo sul regolamento al fine di giungere ad un provvedimento che concretamente tuteli gli spazi sociali e le realtà associative recependo il principio dei beni comuni urbani.

Roma, 18/5/ 2017


#RomaNonSiVende
#DecideRoma
#Rialtoliberato

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giovedì 18 maggio 2017

Passeggiando una mattina per le vie di Frosinone in campagna elettorale.

Luciano Granieri

Doppia
Non c’è niente di meglio, se vuoi   chiarirti  le idee sulla campagna elettorale di Frosinone, che una passeggiata dall'edicolante per comprare il giornale. Soprattutto  di  giovedì. La camminata verso il giornalaio è una sana abitudine mattutina, ma in particolare - da quando mi hanno portato il mercato sotto casa, perché la sede originaria intralciava i lavori del nuovo stadio - il giovedì o vai a piedi o ti blocchi con la macchina appena fuori dal cancello. 

Stamattina un sole splendente e un piacevole tepore, sollecitava vieppiù l’ameno passeggio. Certo respirare  gli scarichi  delle macchine ferme  in fila non era molto igienico , ma per i miei polmoni, così come per  quelli di tutti i cittadini frusinati, abituati ad inglobare PM10  in quantità industriali, l’aria  di stamattina era più che salubre. 

Ad un certo punto mi trovo davanti la solita vela elettorale, per giunta parcheggiata in seconda fila così da ostruire parte della carreggiata.  Mi indigno.  Non si fa, proprio non si fa. Un aspirante sindaco non può intralciare il traffico contravvenendo alla regole del codice della strada. Poi, vedendo che il faccione ritratto nella vela era  quello del dott. Fabrizio Cristofari, capisco la strategia. Il presidente dell’ordine dei medici per la provincia di Frosinone è il candidato del Pd. 

Nell’ultima consiliatura targata Pd, quella a guida Marini, il bilancio previsionale del 2012 metteva all’attivo l’imponente  somma di  un milione e mezzo di euro. Soldi  procacciati  dalle multe che i cittadini avrebbero pagato per infrazioni al codice della strada. Cioè  gli assessori contabili, erano già  in grado di prevedere l’entità delle contravvenzioni  che sarebbero entrate nel 2012, anzi più infrazioni  avrebbe accertato la municipale, e meglio sarebbe stato per la salute del  bilancio.  

Una riflessione nasce spontanea.   Dunque  il cittadino virtuoso non è quello che evita di parcheggiare in doppia fila per non intralciare il traffico, ma è colui il quale, grazie alla fermata selvaggia, provvede, pagando la conseguente multa,  a foraggiare le esangui casse comunali, altro che fondi europei!  Quindi  il parcheggio della vela di Cristofari, candidato sindaco del Pd, era un esempio su come il cittadino dovrà comportarsi   per rendere un servigio alle casse asfittiche dell’Ente, qualora il cardiologo dem frusinate dovesse vincere le elezioni. 

Impicciato in questi pensieri, entro dal giornalaio. Anche l’edicolante mi fa notare il disinvolto  parcheggio del furgoncino elettorale.  Poi sconsolato aggiunge che da quando è iniziata la campagna per le comunali  è assediato da candidati  che gli chiedono insistentemente  il voto. “Uno è arrivato a dire che se lo voto, e viene eletto, il prossimo anno  non mi fa pagare la tassa sull’occupazione di suolo dell’edicola” aggiunge sconsolato il tapino. “Si così l’anno dopo la tassa la paghi raddoppiata, anzi triplicata” rispondo io. Lui conviene, ma un dubbio lo assale:”E però fra tanti candidati chi posso scegliere?  Non ci sto capendo niente”. “E’ difficile– ribatto io -  negli ultimi vent’anni la logica del  governo cittadino, espressa   sia dalle  giunte    di centro sinistra,   che di centro destra,  supina al volere dei palazzinari,  ha portato la città allo sfascio”. 

Il mio amico giornalaio mi guarda smarrito. “Ma  qualcuno dovrò pur votare…..!” Ci pensa su un po’ poi sbotta: “Vabbè vorrà dire che voterò la sorella di mio cognato almeno rimane tutto in famiglia”. 

E’ proprio vero una passeggiata mattutina nelle  vie del mercato di Frosinone diventa illuminate per capire le nuove  (vecchie) strategie elettorali,  pianificate dal nuovo (vecchio) esercito di   arrembanti, aspiranti, sindaci , consiglieri, assessori   .  Vot’ Antonio…..Vot’ Antonio…..Vot’Antonio.


Preciso a scanso di equivoci. Antonio, non è altri che Antonio La Trippa il candidato  impersonato da Totò nello spassoso film di Corbucci “Gli Onorevoli”. Non credo ci sia un Antonio La Trippa fra i seicento e passa candidati a Frosinone. Qualora ci fosse, è chiaro che  la mia non voleva essere campagna elettorale , ma un semplice ricordo di quella formidabile figura comica interpretata da Totò. Qualsiasi riferimento a fatti e  persone è puramente casuale. 

mercoledì 17 maggio 2017

La battaglia di Caracas: il potere popolare e la guerra non convenzionale

Militant blog collettivo politico comunista


Da qualche mese l’esercito degli Stati Uniti sta preparando un’inedita esercitazione militare in Brasile, con il pieno appoggio del presidente Michel Temer, subentrato a Dilma Rousseff dopo un golpe istituzionale lo scorso agosto. Con il significativo slogan di “America Unida”, il prossimo novembre le forze armate statunitensi mostreranno i muscoli, e coordineranno unità speciali dell’esercito peruviano e colombiano in territorio brasiliano. L’esercitazione si svolgerà nella città di Tabatinga, non lontano dal confine con la Bolivia (dove lo scorso 17 agosto Evo Morales ha inaugurato la prima scuola militare antimperialista latinoamericana) e a poca distanza dal Venezuela[1]. Dopo la smilitarizzazione delle Farc-Ep in Colombia (la più grande organizzazione guerrigliera nel paese e un possibile alleato della resistenza popolare venezuelana in caso di conflitto militare), gli Stati Uniti approfittano del momento di crisi del blocco progressista latinoamericano per riprendere il controllo militare dell’area. In quest’ottica, il ritorno di governi neoliberisti in paesi come il Brasile e l’Argentina ha infatti riaperto la strada all’utilizzo delle forze armate ufficiali in territorio latinoamericano, che così potranno supportare il lavoro sporco realizzato da attori “non convenzionali” già attivi nello smembramento della resistenza popolare del “continente rebelde” (come le organizzazioni paramilitari e il narcotraffico). Dopo la “decada ganada” (il decennio vinto) della sinistra latinoamericana, il sistema capitalista ha bisogno dell’appoggio dello Stato nordamericano per eliminare fisicamente le forze politiche che si oppongono alla sottomissione dell’intero continente. Non per niente, l’imperialismo può essere definito come la fusione tra la logica intrinsecamente espansiva del sistema economico capitalista e l’azione politico-militare di uno Stato, o un blocco di Stati, volta a supportare questa espansione.
Oggi il Venezuela bolivariano e socialista rappresenta la più grande forza di resistenza contro l’egemonia neoliberista in America Latina, e per questo soffre un martellante assedio nazionale e internazionale, portato avanti dagli Stati Uniti con l’appoggio dell’Unione Europea. Un’aggressione in piena regola, che non ha ancora visto il dispiego di forze armate ufficiali, ma sì una complessa articolazione di vecchie e nuove tecniche imperiali di destabilizzazione, al cui centro c’è una strategia mediatica volta a terrorizzare la popolazione e preparare il terreno per un’eventuale radicalizzazione dell’azione di ingerenza straniera. Purtroppo, infatti, così come valse per Cuba più di cinquant’anni fa, l’incessante e astuta campagna del latifondo mediatico contro il Venezuela non solo è riuscita nell’intento di mettere il processo bolivariano in cattiva luce con la “società civile” globale, ma ha anche confuso ancora di più le idee alla sinistra occidentale: giacché, vista la scomparsa di reali spazi di costruzione politica internazionalista, anche la sinistra anticapitalista spesso conosce gli avvenimenti latinoamericani solamente attraverso le narrazioni mediatiche o materiale prodotto in ambito accademico.
Così, mentre negli Stati Uniti progetti di crowfounding lanciati da “associazioni della società civile” supportano economicamente i “guarimberos” (gruppi paramilitari di destra in Venezuela)[2], in Italia persino alcuni siti indipendenti e di movimento abboccano alle tesi di una fantasiosa “insorgenza popolare contro la dittatura”, affascinati dall’estetica del ribelle costruita attorno alle mobilitazioni della destra, oltre che da visioni accademiche che in America Latina non hanno alcun peso nell’attuale dibattito dei movimenti.
Infatti, proprio il coordinamento continentale dei movimenti popolari, Alba Movimientos[3] (con il Movimento Sem Terra brasiliano in prima fila) si sta rivelando, insieme al governo boliviano e a quello cubano, il più attivo difensore del processo bolivariano in questo momento difficilissimo. Dietro al tentativo di Golpe in Venezuela si celano infatti interessi molto più grandi, decisivi per l’alterazione delle correlazione di forze a livello continentale, e chissà mondiale.
Per comprendere il perché, a livello geopolitico, il Venezuela bolivariano rappresenta una minaccia per gli Stati Uniti e i suoi alleati nella regione, occorre analizzare ciò che accade dentro i confini del paese sudamericano. Infatti, come c’insegna il marxismo, c’è sempre una relazione dialettica tra la posizione che uno Stato prende nello scacchiere internazionale e le dinamiche di classe che si svolgono al suo interno. È dunque impossibile spiegare in termini puramente geopolitici il perché dell’inconciliabilità tra le parti nel conflitto tra il processo bolivariano e la restaurazione neoliberista; bisogna addentrarsi nella materialità dell’infuocata lotta di classe che imperversa nel paese, in cui il chavismo (inteso come corrente politica) gioca ancora il ruolo cruciale di vettore unificante delle classi popolari e dei soggetti subalterni.
Infatti, come spiega il giovane militante del movimento delle Comunas Marco Teruggi, la questione non è mai stata Chávez o non Chávez, così come oggi non è Maduro o non Maduro: nel processo bolivariano il governo non è che il fulcro di un’unione civico-militare, cui forza più importante si è però rivelata la capacità d’organizzazione e di mobilitazione permanente delle organizzazioni territoriali e di base. Effettivamente, il chavismo è uno dei processi “più ricchi e radicali della storia politica contemporanea” proprio per la sua capacità di essere un “movimento di movimenti”, fondato sull’attivazione sociale e la responsabilizzazione politica dei settori popolari, di una variegata composizione di soggetti sociali tradizionalmente esclusi dalle dinamiche politiche, quelli che Frantz Fanon definì i “dannati della terra”[4].
Ovviamente, questo non significa sminuire l’importanza del blocco rivoluzionario che guida gran parte del potere costituito, e in generale delle dinamiche istituzionali; infatti, senza un’egemonia rivoluzionaria nelle forze militari con molta probabilità in Venezuela già sarebbe avvenuto un Golpe di Stato come nel Cile di Salvador Allende. Detto ciò, nel paradigma bolivariano, è stato e continua ad essere il potere popolare e costituente il motore delle trasformazioni sociali, e il nucleo più duro della resistenza all’aggressione imperialista in atto. D’altronde, nonostante il blocco socialista abbia conseguito (ripetutamente) la maggioranza alle elezioni, in Venezuela la lotta di classe non si è mai affievolita, anzi si è forse acuita con il processo bolivariano. A differenza di Cuba, dove successivamente al trionfo della rivoluzione le ricche famiglie latifondiste si rifugiarono a Miami, in Venezuela la borghesia (forte anche dell’insegnamento cubano) ha iniziato fin da subito una strategia di destabilizzazione e logoramento del processo socialista, appoggiandosi a una larga schiera di alleati internazionali. Fino ad arrivare allo scenario attuale, quello di una vera e propria guerra non convenzionale di ultima generazione, che non è pero ancora riuscita a normalizzare (in senso capitalista) il paese.
Per fronteggiare le strategie reazionarie, fin dalle prime fasi del processo bolivariano, la sinistra venezuelana ha lavorato nella costruzione di un vero e proprio apparato politico alternativo (e a tratti antagonista) all’infrastruttura statale borghese ereditata dalla Rivoluzione. Da questa intuizione nasce la concettualizzazione e la creazione delle Comunas, istanze territoriali di autogoverno, che dovrebbero essere (perché ancora non lo sono) le unità fondamentali, oltre che il principale soggetto propulsore, del progetto rivoluzionario. Al di là del fallimento (sino ad ora) nella consecuzione di una trasformazione dello Stato borghese in senso socialista comunale, resta però la forza accumulata attorno un’immensa trama di organizzazioni popolari e di realtà territoriali. Stiamo parlando di quasi 1500 Comunas, collettivi e realtà autogestite, movimenti indigeni, di donne, di studenti, di giovani, che ancora conformano il nucleo duro del fronte rivoluzionario in Venezuela, forgiato –dal basso – grazie alla politicizzazione e alla presa di coscienza di ampi settori sociali.
In altri termini, con il governo di Chávez, il processo socialista ha saputo coniugare la strategia leninista di “presa del potere” statale con la costruzione (gramsciana) del potere popolare, tessendo una complessa trama di relazioni politiche ed economiche orientate alla trasformazione dei rapporti di classe. Questo perché, come spiegava magistralmente Chávez, la necessità di un coordinamento centrale (quindi di un’avanguardia) per portare avanti in maniera efficace ed efficiente il processo, non ha mai soppiantato un protagonismo democratico e partecipativo delle masse al progetto rivoluzionario. Così, la lotta di classe in Venezuela ha assunto una forma (per forza) diversa dalle rivoluzioni avvenute nel ventesimo secolo, in cui il soggetto politico non è conformato da un partito, un sindacato e un movimento, ma (come già accennato) da un “movimento di movimenti” capace di agire creativamente sia sul piano istituzionale che sociale per conquistare il potere politico.
Proprio negli spazi di costruzione politica aperti da questo protagonismo democratico e partecipativo va ricercata l’essenza del potere costituente di un nuovo ordine socialista in Venezuela. Ovviamente, queste spinte dal basso del potere popolare sono entrate spesso in un conflitto dialettico anche con parte del potere costituito chavista. Lo scorso febbraio, per esempio, un’organizzazione comunitaria di base ha occupato una tenuta abbandonata, rivelatasi poi di proprietà di un ex sindaco e militare chavista[5]. Le organizzazioni vi ci hanno ricostruito un tessuto economico territoriale e rurale, imponendo il loro progetto anche ad alcune parti della dirigenza del PSUV (Partido Socialista Unido de Venezuela). Spiace per chi si spaventa di fronte a contraddizioni del genere, ma la ricchezza del processo chavista sono anche queste “tensioni creative”. La forza più grande del processo bolivariano radica nell’intelligenza politica del potere popolare, in grado di serrare i ranghi di fronte alle mobilitazioni delle classi alte, e allo stesso tempo di costruire una dialettica costruttiva dentro il blocco socialista, partendo però dal rifiuto di qualsiasi ipotesi di frammentazione del variegato fronte rivoluzionario.
Questo spiega perché, di fronte alla complessità dello scenario attuale, il presidente Nicolás Maduro ha convocato “la classe operaia e il popolo” a formare una nuova Assemblea Nazionale Costituente, che dovrà ampliare e migliorare la Costituzione (riscritta con il governo di Chávez), mediante un processo pensato per essere il più partecipativo e inclusivo possibile. Tra gli obiettivi principali dell’Assemblea Nazionale Costituente ci sarà la costruzione di un nuovo modello economico post-petrolifero, e la consolidazione delle Comuni come entità di autogoverno, garantendogli potere decisionale vincolante con un’apposita legge costituzionale: due questioni cruciali da cui dipende il futuro del processo bolivariano.
Vista la complessità della situazione, e con il potere economico ancora saldamente in mano della borghesia, l’esito della strategia è ovviamente incerto. Intanto, resta il dato di fatto che, ancora una volta, nel suo momento più difficile, il chavismo, punta sul protagonismo popolare e sugli spazi di democrazia diretta per sconfiggere il piano golpista della destra. D’altronde, il potere popolare non è solamente partecipazione a livello territoriale e sociale. Al contrario, nel suo sviluppo arriva ad aprire canali di partecipazione popolare anche nei temi più importanti e complessi della vita politica di un paese. Di fatto, come ben spiega il giornalista argentino Marcelo Colussi: “Il potere popolare è democrazia reale, diretta, effettiva, partecipativa del popolo sovrano, non solo per occuparsi di problemi pratici ma anche per definire e controllare la messa in atto di macro-politiche a livello nazionale e, persino, internazionale.”
Arrivati a questo punto, lo scenario sembra essere il seguente. Da una parte le grandi potenze occidentali, Stati Uniti in primis, insieme all’Unione Europea o l’Organizzazione degli Stati Americani, che appoggiano economicamente, politicamente e soprattutto mediaticamente una destra, quella venezuelana, così buffamente frammentata da non riuscire a portare avanti nemmeno un dialogo istituzionale. Dall’altra, il chavismo, un “movimento di movimenti” fortemente logorato dalla guerra economica, dal golpe permanente, dal terrorismo mediatico e dalle grandi contraddizioni interne, che però può fare ancora leva su quell’impressionante trama popolare di organizzazioni sociali e politiche, capace di inondare di magliette e cappelli rossi le più grandi avenidas del paese.
Lo scontro di classe è già cruento, ma con molta probabilità si acuirà nei prossimi tempi, giacché la destra ha rifiutato e continua a rifiutare qualsiasi richiamo al dialogo e alla pace. I tempi stringono e la posta in gioco è altissima. Sul piano nazionale, le carte in gioco sembrano ormai scoperte, anche se da un momento all’altro la violenza fascista potrebbe rovesciare il tavolo; negli ultimi giorni si sono intensificati gli omicidi di attivisti e militanti del potere popolare. Sul piano internazionale, la socialdemocrazia e la destra si sono unite globalmente contro il governo di Maduro. Qualche giorno fa, a Madrid, la polizia spagnola ha lasciato prendere d’assalto l’ambasciata venezuelana da una folla inferocita inneggiante al dittatore Franco[6]. Spetta quindi alla sinistra anticapitalista mobilitarsi a difesa del legittimo governo di Maduro, contro il consumarsi di un nuovo golpe in America Latina. La complessità della situazione venezuelana e le contraddizioni del processo bolivariano non possono certo essere motivo di silenzio di fronte all’ennesima prepotenza contro i popoli latinoamericani. Il potere popolare in Venezuela fa scuola.

Bari, contestato il G7

Salvo de Lorenzo, Pdac Bari

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In un'atmosfera surreale, con una città blindata da oltre 5000 poliziotti armati sino ai denti, droni che sorvolavano la città, cecchini posizionati sui tetti delle abitazioni, un centro completamente blindato, la normale vita cittadina paralizzata da controlli di polizia e carabinieri a ogni angolo di strada, si è svolto a Bari il G7 economia e finanze, con la presenza dei 7 ministri economici dei 7 tra i Paesi capitalistici più ricchi e la partecipazione dei vertici della Bce e del Fmi.
L'apparato repressivo dello Stato aveva peraltro già preventivamente avviato, un mese or sono, una campagna di intimidazione contro gli attivisti del variegato arcipelago dell'estrema sinistra barese, attraverso i fogli di via ai compagni che avevano contribuito all'esperienza di socializzazione di Villa Roth, proseguendo poi con una serie di operazioni di fermo nei punti nevralgici del mondo dei centri sociali. Nello stesso periodo venivano eseguite una serie di operazioni repressive contro i No Tap del Salento. Con l'approssimarsi del summit sono stati infine i lacché della borghesia in servizio presso i giornali e le televisioni locali e nazionali, ad alimentare ad arte il  clima di terrore, con una campagna mediatica tutta tesa ad indicare l'arrivo dei fantomatici black block in città. L'obiettivo non dichiarato era chiaramente uno ed uno solo: tenere le masse lontane dai posti dove si discutono modelli di sviluppo sociale alternativi all'attuale e folle sistema di produzione dei beni materiali.
In questo clima di tensione, la partecipazione di diverse centinaia di manifestanti al corteo contro il G7, seppur rappresentando in valore assoluto un numero relativamente modesto, costituisce un successo del comitato organizzatore, costituito dai centri sociali e da Alternativa Comunista, unica forza partitica massicciamente presente sia ai tanti presidi che si sono svolti nei vari quartieri popolari della città che al corteo del 13 maggio.
Il corteo del 13 maggio si è svolto in un clima di grande vivacità e partecipazione cosciente, al grido dello slogan “ammin'abbasc' u g7” (buttiamo giù il G7), e la partecipazione di esponenti del fronte di lotta “No Austerity”, dei Cobas, dei comitati “No Tap”, del sindacato Cib-Unicobas dell'università di Bari e di varie altre realtà di lotta, associative e sindacali provenienti da tutta la Puglia.
Se, in una fase di arretramento, si è riusciti a tenere botta al terrorismo psicologico dell'ideologia dominante, è anche grazie all'enorme lavoro organizzativo dell'evento da parte del partito di Alternativa Comunista, che si è speso in una impegnativa campagna contro-informativa, sia sugli organi di informazione locali e nazionali, sia attraverso il volantinaggio sulle fabbriche e nei luoghi di lavoro.
La critica del sistema capitalistico e le parole d'ordine dei rivoluzionari
E' compito dei rivoluzionari quello di indicare alle masse, attraverso la semplice descrizione dei fatti, le ragioni profonde della crisi del sistema capitalistico. In tal senso il Partito di Alternativa Comunista è intervenuto al corteo ricordando la rapina sociale perpetrata ai danni dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati, dei pensionati da parte degli Stati capitalistici che si riunivano a Bari. Ricordando in particolare gli oltre 760 miliardi di euro di soldi dei lavoratori versati dai governi borghesi italiani negli ultimi dieci al sistema delle banche, sotto forma di pagamento dei soli interessi sul debito pubblico e sottratti ai salari, alle pensioni, alla sanità e alla scuola pubblica. E ricordando l'aggressione ai diritti dei lavoratori da parte del governo Renzi, attraverso l'abolizione dell'articolo 18 e l'introduzione del jobs-act.
Ma è anche compito dei rivoluzionari spiegare ai lavoratori le ragioni delle loro attuali sconfitte. E le ragioni, come spiegato al corteo, sono nel tradimento da parte di quelle organizzazioni sindacali e partitiche cui i lavoratori si erano rivolti per tutelare i loro interessi, dalle grandi organizzazioni sindacali confederali sino a quei partiti riformisti (Sel) e socialdemocratici (Rifondazione Comunista) che, da un lato, continuano indegnamente a fregiarsi ancora dei simboli nobili del movimento operaio e, dall'altro, continuano ad appoggiare quei governi, come il governo Tsipras, responsabile di operazioni di massacro sociale nella vicina Grecia a tutela degli interessi del sistema capitalistico.
E infine è compito dei rivoluzionari quello di indicare alla classe lavoratrice qual è la direzione di uscita da questo disastro. E Alternativa Comunista, ricordando che non esistono forme di conciliazione con il capitale, ha indicato le misure transitorie necessarie all'uscita dalla crisi: abolizione del debito pubblico; nazionalizzazione delle banche sotto il controllo dei lavoratori; esproprio delle fabbriche che licenziano, senza indennizzo per i padroni e gestione della produzione sotto controllo operaio; uscita dalla Nato, braccio armato dell'imperialismo e, infine, la prospettiva della costruzione degli Stati Uniti Socialisti d'Europa.
Invertire la rotta è possibile, ma per far questo è necessaria l'unità della classe lavoratrice. E' necessario lavorare a  superare le divisioni tra i sindacati conflittuali più combattivi e indire uno sciopero generale del mondo del lavoro che unisca le infinite vertenze sparse in tutta Italia, da Almaviva ad Alitalia, dagli operai della logistica sino ai braccianti di colore di Rignano Garganico, dai precari della scuola a quelli dell'università, dagli operai della Natuzzi a quelli della Bridgestone, seguendo l'esempio della classe operaia brasiliana.
Solo l'unione internazionale dei lavoratori può sconfiggere il governo mondiale del capitale.

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martedì 16 maggio 2017

Frosinone, elezioni comunali. Per la vittoria finale non c'è storia.

Luciano Granieri


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Riformisti, piddisti, pentastellisti,  macchinisti, fuochisti, civici di ogni ordine e grado, rassegnatevi. Anche in queste elezioni l’esagerato sindaco uscente vi asfalterà senza appello. 

E’  pura follia  osare  contrastare un candidato sostenuto dalla mano di Dio.  Come pensate, riformisti, tendisti, piddisti, pentastellisti,  di battere un primo cittadino  che  ha trasformato i debiti in carrettate di soldi, così come Gesù trasformò l’acqua in vino?  

E’ secondo voi solo minimamente ipotizzabile superare uno statista esagerato che,  in cinque anni di consilatura, non solo è riuscito a rigenerare  il malsano PM10 in aria salubre, ma a sanificare  l’intera Valle del Sacco? Lo ha certificato, senza tema di smentita, l’attuale ministra della salute Beatrice  Lorenzin nel corso di una corroborante   visita in quella che una volta era denominata la “Seveso del Sud”. 

Ma la lista dei miracoli non finisce qui. Un inutile progetto di parco, quello delle fontanelle, si è trasformato in lauto finanziamento per lo stadio, così come la struttura geodetica per l’UNITALSI si è dissolta nelle tribune della nuova Arena dei Leoni Giallazzurri.  

Alcuni  vecchietti cui il comune pagava parte della retta presso le case di riposo, finiranno i loro giorni abbarbicati sulla balaustra del ponte Bailey. Tanto ci pensa la mano di Dio a proteggere “lo moderno cavalcone militare”.  

Senza contare che il nostro ha dalla sua parte anche la matematica. L’imponente esercito di truppe cammellate, raccolto in nove liste, conta ben 281 legionari, compresi diversi mercenari soffiati alla concorrenza. Ogni ascaro, al soldo del latinista podestà, potrà contare, fra parenti, amici, e amici degli amici,  su un minimo di 30 voti per un totale che supererà abbondantemente gli ottomila consensi. Certo molti fra i 281 saranno degli utili idioti, buoni solo per portare acqua al mulino del sindaco uscente-entrante. 

Ma al condottiero azzeccagarbugli che non si può dire di no. Perché  sempre e comunque l’importante è esagerare.

  

Marxismo moderno e primato della legge

Mario Zorzetto


Un grande merito del pensiero di Carlo Marx  contro la sregolatezza del capitalismo è la sua teoria del plusvalore che nasce dallo sfruttamento delle classi che producono ricchezza senza riceverla in corrispondente misura, argomento sempre attuale, moderno che è stato motivo storico rivoluzionario  prima, e poi alla base delle conflittualità sindacali con il capitalismo e i grandi capitalisti anche quando  politicamente le democrazie hanno mostrato di evolversi in forme più mature qual è il nostro costituzionalismo parlamentare.  Senza entrare in merito alle responsabilità delle forze politiche e sindacali che, vicine politicamente alla classe operaia, non hanno saputo dare alla stessa gli strumenti utili e necessari per la rimodulazione della distribuzione della ricchezza prodotta da plusvalore, è un fatto che l’affermarsi della democrazia parlamentare costituzionale, fondata sulla Carta Costituzionale,  ha sancito il primato della politica e dell’autonomia politica sulla economia affidando ai governi e al parlamento il destino dello sviluppo economico del Paese. Negli anni più recenti, dal 1993 ad oggi almeno, il sistema di rappresentanza di questi partiti ha mostrato sempre più evidenti limiti, distacco dall’osservanza dei principi costituzionali (vedi sentenze della Corte) e lontananza dai problemi reali del Paese, incapacità di proteggere l’economia nazionale  e di rispondere alla grave sfida rappresentata dalla globalizzazione economica senza regole e dallo sviluppo della speculazione finanziaria a danno dei risparmiatori. La globalizzazione ha generato un incremento degli scambi e della concorrenza sul costo del lavoro con mercati in cui esistono condizioni di “schiavitù moderna”, (definibile come il possesso o il controllo di una persona privata dei propri diritti con l'intenzione di sfruttamento) ed esportato questo modello nel mondo del lavoro interno tramite l’illegalità d’impresa ed evasione  fiscale (un immenso mercato sommerso). Il sistema dei partiti al governo ha incrementato  nello stesso tempo il suo intreccio con il mondo affaristico e finanziario, con il commercio internazionale e con la globalizzazione dei mercati, perdendo in  quote di autonomia politica, in immagine della classe politica, autorevolezza e qualità della legge (legiferazione “populista”). Se in essi, tramite i suoi membri più corrotti, si rafforza l’intreccio tra affari e politica, va da se che  premiata è  la natura “privatistica e affaristica” del contenuto delle leggi. Non vi sarà l’intento di migliorare la progressività fiscale e i diritti sociali,  e se  possibile, nelle riforme istituzionali ed elettorali,  si lascerà sterilizzare i principi costituzionali di sovranità popolare e di solidarietà sociale per avvantaggiare il proprio potere. Il problema è quindi sempre quello di  salvaguardare l’autonomia politica delle istituzioni democratiche dello Stato per mezzo di una  autorevole classe politica attenta ai principi politici costituzionali ,  autonoma (indipendente per interesse generale) nelle decisioni politiche  da prendere verso le realtà economiche e gli interessi delle singole categorie  e settori economici, bancari inclusi, contro le leggi ad personam e i conflitti di interesse. Il sistema (non si tratta di un singolo partito) appare difficilmente riformabile dalle forze organizzate nei più grandi partiti tradizionali  ed anche l’azione  delle  frammentate forze minoritarie della sinistra appare incapace di arginare il fenomeno e a volte ancorata a modelli e linguaggi passati. Appare quindi necessaria, come è stato nel referendum, l’azione riformatrice di cittadini organizzati e indipendenti, singoli o riuniti in comitati, che si sentono democratici (fattore culturale essenziale) e lottano per la costruzione della democrazia costituzionale (per renderla più “partecipativa” e dare voce e potere alle minoranze escluse e più “diretta” con una base più ampia di iscritti che condividono ed approvano ciascuna proposta politica o la scelta dei candidati locali e nazionali alle elezioni. Sentirsi democratici per la Costituzione , essere privi temporaneamente di tessera  e incarichi di partito, limitati nei mandati ricevibili e rispettosi della Costituzione costituirebbero requisiti di idoneità per essere nominati candidati nelle liste della nuova Associazione e per operare con metodo democratico nell’interesse generale del Paese .
Il metodo democratico è il metodo costituzionale adottato da un Parlamento eletto con legge proporzionale e senza premio ai partiti. Per 47 anni la nostra Repubblica ha legiferato con esso. Non  è dunque una novità e fu proposto, senza successo,  anche ai partiti da un maestro costituente, Costantino Mortati.. Nella seduta dell’Assemblea del 22 maggio 1947, egli cercò di imporlo, senza successo, nell’organizzazione interna e nell’azione diretta alla determinazione della politica nazionale» (La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell’Assemblea Costituente, Camera dei deputati, III, Roma, 1970, p. 4159). In quella stessa seduta Moro, intervenendo a favore dell’emendamento Mortati, sostenne la proposta di costituzionalizzare il vincolo democratico interno, sulla base della considerazione che «se non vi è una base di democrazia interna, i partiti non potrebbero trasfondere indirizzo democratico nell’ambito della vita politica del Paese» (La Costituzione, cit., p. 4164). Esso si fonda sul principio  della rappresentanza di eletti e quindi pone il problema della qualità e requisiti perché essa sia  la migliore possibile A pieno sostegno della proposta di Mortati e dell’intervento di A. Moro, e con impegno di lavorare con metodo democratico, si può concepire la Associazione (delle forze politiche aderenti e non rappresentate, e associazioni civiche e dei comitati a difesa dei principi costituzionali ) come un movimento di cittadini rispettosi della Costituzione che non hanno nel loro Statuto un Segretario politico (il Capo) ma un Collegio Scientifico di illustri cultori e politici (talvolta nominati o criticati come “professoroni”) che stimola, promuove e discute le proposte politiche, e le approva con la maggior partecipazione attuabile di suoi iscritti, incluse legge elettorale e modifiche costituzionali del sistema  parlamentare in un ottica di trasformazione del Parlamento in “rappresentanza mista” in cui  essi possano avere un ruolo rilevante di contrappeso politico alle oligarchie di partito, incuranti di attuare la Costituzione o ad essa avversa per atti e patti incostituzionali concepiti per spartirsi  il potere .
…C’è bisogno di una nuova rappresentanza politica che ripudi la concezione della politica del partito  unico vincitore e del suo governo, e che diffondi cultura politica nel Paese lavorando con metodo democratico (quello voluto da Mortati per i partiti e nella Costituzione dai Costituenti) e orientata a trasfondere indirizzo democratico nella vita politica. Una rappresentanza convinta che la  buona legge elettorale è quella che non assicura a nessuno di essere il giorno dopo le elezioni vincitori unici per premio o per magia di meccanismi elettorali  .. ma che obblighi il partito più votato  a confrontarsi con le altre forze politiche per fare un programma di governo.. Perché non fare  un referendum demoscopico con questo quesito: “nella legge elettorale ritieni giusto che il tuo voto dovrebbe pesare come quello di un altro cittadino elettore?”. L’unico premio permesso (comunque piccolo) potrebbe essere necessario per la governabilità solo nel caso di due coalizioni e in una situazione di bipolarismo (naturale o forzato, che non è quella attuale), negli altri casi si deve richiedere (ai partiti) quello che abbiamo chiesto nella Petizione:cultura democratica. La democrazia rappresentativa non si fonda in generale su un vincitore di premio e su un partito unico, anzi ripudia questa possibilità ed evenienza, richiedendo solo che vincitrice sia la legge che è approvata con principio maggioritario da un  Parlamento eletto secondo Costituzione e nell’interesse generale e secondo regolamenti di vita parlamentare. Lo stravolgimento democratico della rappresentanza dovuto ad una “disonesta” legge elettorale ricade inevitabilmente in tutti i contenuti delle leggi delle future legislature. La buona governabilità dipende dalla capacità di fare un buon programma di politica nazionale e questo non dipende dalla legge elettorale, ma dalla sensibilità, responsabilità e capacità politica dei governanti, a bocce ferme e giocando in un Parlamento eletto in modo costituzionale (art.1,3=uguali davanti la legge elettorale,48). Di questo il Popolo italiano dovrebbe essere informato con campagne di cultura politica ad hoc in  cui diffondere i principi secondo cui la sovranità politica è sovranità collettiva del Popolo. Non è un caso che i dem, fuoriusciti da Renzi e dal suo PDR, si siano dati per nome Art.1 …I  nostri documenti politici dovrebbero dare questa riflessione, questo messaggio ai cittadini unito a quello della  solidarietà per ridurre le disuguaglianze economiche (con soluzioni di ridistribuzione della ricchezza sia strutturali (modifica aliquote irpef) che straordinarie, una tantum).

Vergognose dichiarazioni del ministro Lorenzin sulla Valle del Sacco

Ufficio Stampa del Deputato Luca Frusone Movimento 5 Stelle

BELLINCAMPI E FRUSONE (M5S) LE DICHIARAZIONI DELLA LORENZIN SULLA VALLE DEL SACCO DURANTE LA PRESENTAZIONE DI UNA LISTA A SUPPORTO DEL SINDACO USCENTE SONO STATE VERGOGNOSE, MA NESSUNO HA REPLICATO

“Le parole pronunciate dal Ministro della Salute Lorenzin sulla Valle del Sacco sono vergognose. Affermare che al ministero non risulta alcun allarme sanitario riguardo questa zona, significa smentire i dati epidemiologici raccolti dal nuovo rapporto di “Sorveglianza sanitaria ed epidemiologica della popolazione residente in prossimità del fiume Sacco” identificato come “rapporto tecnico delle attività 2013-2015” del Dipartimento Epidemiologia e Prevenzione Lazio che afferma che “La contaminazione del fiume Sacco rimane un disastro ambientale di proporzioni notevoli che ha comportato una contaminazione umana di sostanze organiche persistenti considerate tossiche dalle organizzazioni internazionali.” La situazione nella nostra Valle è drammatica, ne è a conoscenza persino l’Europa che ci multerà pesantemente perché non si sta facendo nulla per la bonifica, ed è vergognoso che un ministro della salute faccia tali dichiarazioni, pregne di superficialità e ignoranza. Ho per questo deciso di scriverle, allegandole tutti i dati, le interrogazioni, ma soprattutto le testimonianze della nostra popolazione, che da questo governo, ne è l’ennesima conferma, è totalmente inascoltata.” – a dichiararlo è il Deputato 5 Stelle Frusone che lascia la parola al candidato sindaco Bellincampi – “Quello su cui vorrei porre l’attenzione è che la Lorenzin ha fatto una serie di dichiarazioni sconcertanti durante la presentazione di una lista a supporto del sindaco uscente e nessuno è stato capace di smentire quella serie di menzogne, come ad esempio quella sull’attivazione del registro tumori regionale, tale strumento infatti proposto dal MoVimento 5 Stelle ben 2 anni fa, se pur approvato all’unanimità da tutti i gruppi politici, non è stato ancora finanziato. Da quanto denunciato dal nostro consigliere Barillari, il Presidente Zingaretti non ha mai voluto trovare i 100mila euro necessari per far partire realmente il registro tumori a livello regionale. Non si tratta di chissà quanti soldi, c’è di mezzo la salute delle persone, ma a quanto pare al PD non interessa. Concludo dicendo che è grave che Ottaviani non abbia in qualche modo detto nulla sulle dichiarazioni della Lorenzin, ma d’altronde il sindaco uscente non si è mai particolarmente interessato delle problematiche ambientali.”

domenica 14 maggio 2017

Si scrive legalità, si legge deserto sociale

Coordinamento regionale Acqua Pubblica Lazio




Sono passati tre mesi dal primo sgombero e tre giorni dall'ultimo ... 

Un breve racconto di quanto avvenuto.
Per chi l’ha visto e per chi non c’era e per chi quel giorno lì inseguiva una sua chimera.


Sono 13 anni che chiediamo una soluzione definitiva attraverso l'attuazione della delibera di Consiglio Comunale 40/04 (tuttora vigente) che prevede lo spostamento delle realtà del Rialto all'ex autoparco dei Vigili Urbani di Via delle Mura Portuensi.
Questa è la soluzione che abbiamo sottoposto da oltre due mesi e mezzo anche a questa Amministrazione, sin dopo il primo sgombero del 16 febbraio scorso.
Ma, in esatta continuità con quelle passate, non ha mai inteso prenderla realmente in considerazione.

Ci teniamo a ribadire che la soluzione esiste ed è sotto gli occhi di tutti:
- nulla osta a completare l'iter procedurale e amministrativo di detta delibera avendo già superato i vari passaggi della Conferenza dei Servizi;
- l'Amministrazione Comunale negli anni ha già acquisito i progetti, ha utilizzato soldi pubblici a tal fine ed il mancato completamento dell'opera configura un sicuro danno erariale;
- la ricollocazione delle realtà del Rialto è, dunque, un atto approvato dal Consiglio Comunale e ora necessita solo della volontà politica della Giunta di attuarla;

Il vero danno erariale per il Comune sta proprio nella mancata attuazione di questa delibera e non negli affitti degli spazi sociali che, tra l'altro, laddove fossimo stati messi nelle condizioni, non ci saremo sottratti dal corrispondere.

Ma veramente qualcuno pensa di ridurre lo sgombero di uno spazio come il Rialto e della sede del Forum dei Movimenti per l'Acqua al mancato saldo di un affitto?
La questione è ben più complessa e negli ultimi mesi gli sgomberi a Roma sono stati un incubo che ha toccato centinaia di realtà.

La banalizzazione che sta costruendo l'Amministrazione, trincerandosi dietro il semplice ripristino della legalità, è preoccupante.

Parafrasando un nostro caro slogan referendario potremo dire: si scrive la legalità, si legge deserto sociale.

Il confronto con l'amministrazione è stato avviato all'indomani del primo sgombero e in quell'occasione l'Ass.re Mazzillo e il suo staff si erano presi l'impegno di approfondire i termini dell'attuazione della delibera 40/04.
"Pochi giorni e vi riconvochiamo": questo era stato l'impegno assunto in quell'occasione.

Il 24 febbraio le catene che avevano chiuso il Rialto vengono spezzate e questo spazio viene restituito alla città.

Poi per due mesi, nonostante le nostre reiterate richieste d'incontro, silenzio più assoluto. La risposta dell'Amministrazione è sempre la stessa: "stiamo ancora studiando".

All'improvviso, qualche giorno prima di Pasqua, ci giunge notizia fondata di un nuovo sgombero. 
Richiediamo con urgenza un incontro allo staff dell'Assessore che inizialmente viene negato e infine concesso per sfinimento.
Dopo due mesi ci viene comunicato che ancora non si ha la più pallida idea sul come e se la delibera sia attuabile.
Due mesi persi, gettati al vento come nella migliore tradizione italica!

In cambio ci vengono "offerti" dei locali del tutto inaccettabili. 
Principalmente per due ragioni:
- non garantiscono la possibilità di ricollocazione unitaria delle associazioni ora presenti al Rialto, facendo così venir meno il riconoscimento politico dell'insieme del Rialto e dello spazio sociale in sé, del suo percorso e quindi delle attività che lì vengono svolte in sinergia;
- i locali hanno come finalità di utilizzo l'emergenza abitativa e nessuna delle realtà del Rialto ha intenzione di sottrarre casa a chi ne ha fortemente bisogno, soprattutto alla luce della drammatica situazione degli sfratti che, procedendo incessantemente, vanno ad aggravare un'emergenza abitativa atavica.

Abbiamo sempre ribadito di essere disponibili a soluzioni transitorie nel momento in cui viene individuata la soluzione definitiva attraverso atti formali (delibera di Giunta e protocollo d'intesa).
Altrimenti non si capisce perché definire transitorio qualcosa che evidentemente non lo è.
Per usare una metafora: abbiamo segnalato a più riprese che non sussistono problemi da parte nostra ad accettare soluzioni ponte e quindi uscire dal Rialto, purchè siano ben definite le due sponde del guado.

Nel frattempo il 18 aprile la Corte dei Conti si è pronunciata dichiarando nullo il danno erariale e non esigibili i canoni di mercato sul patrimonio indisponibile facendo venire meno le motivazioni alla base delle riacquisizioni degli immobili da parte del Comune.

Continuiamo per giorni a richiedere un nuovo incontro e a segnalare allo staff dell'Ass.re Mazzillo la necessità di una risposta chiara su tutto ciò.

Sabato 6 maggio 10.000 persone scendono in piazza, attraversano il centro di Roma per arrivare sotto al Campidoglio e ribadiscono anche alla Giunta Raggi che "Roma non si vende"!

L'8 maggio, all'improvviso sul sito di Roma Capitale, compare un avviso di bando finalizzato alla concessione di un immobile per lo svolgimento di attività sul tema dell'acqua e dei beni comuni.

Un bando cucito su misura del Forum Acqua che identificando l'oggetto nel solo tema dell'acqua e dei beni comuni cancella la pluralità degli ambiti su cui intervengono da anni le realtà presenti al Rialto. 

Ci domandiamo che differenza passa tra questo bando e le pratiche politiche che hanno portato a Mafia Capitale?

Un bando che non è neanche tale fino in fondo in quanto si tratta di un avviso e infatti si afferma "La documentazione del bando di gara per l’assegnazione dell’immobile, in concessione in comodato d’uso gratuito, verrà definita solo al perfezionamento delle procedure di acquisizione e della effettiva disponibilità del bene confiscato e, pertanto, la presente procedura non è vincolante per questa Amministrazione."

Un bando che svela il trucco: l'immobile non è ancora nell'effettiva disponibilità del Comune ma evidentemente c'era fretta di provare a costruirsi un'alibi in previsione dell'imminente sgombero che, guarda caso, avviene il giorno successivo alla sua pubblicazione.

Il 9 maggio, infatti, veniamo svegliati all'alba dalle telefonate delle forze dell'ordine che stavano sgomberando il Rialto. 
L'Ass.re Mazzillo dichiara soddisfatto che si tratta di un atto dovuto volto al ripristino della legalità. 
Giustizia è fatta!

L'ennesima goccia che fa traboccare il vaso.
Ci sottraiamo convintamente a questo ricatto, a questo tentativo di corruzione e intendiamo denunciarlo con forza.

Ora l'amministrazione può addurre mille altre scuse per lo sgombero, dall'ingiunzione di un fantomatico tribunale (quale, quando, a che titolo, per quali reati?) al rischio crollo dell'immobile. 
In questi anni, mesi, settimane e giorni non è mai stato notificato nulla, ne a noi ne all'Amministrazione. 

Chiunque ha un minimo di onestà intellettuale sa che si tratta solo di un ulteriore tentativo volto a rafforzare l'alibi.

Tutto ciò conferma che l'Amministrazione 5 Stelle di Roma sta compiendo una svolta reazionaria tinta di nero il cui unico obiettivo è accreditarsi con il sistema, dimostrare ai poteri forti di essere affidabile, così da candidarsi a governare il paese intero nel 2018.
Purtroppo, la strada intrapresa è quella giusta, poco importa se nel frattempo la legalità sarà trasformata in un simulacro, la trasparenza in opacità, il cambiamento in continuità, la comunità in solitudine competitiva, la città in un deserto sociale.

Il Rialto e il Forum dell'Acqua sono solo piccoli intralci nel cammino verso il potere, quello vero.